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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

29/09/17

Abbiamo vinto un calice di champagne


Abbiamo vinto un calice di champagne



Se fossimo partiti da zero nell’accordo fra Stx e Fincantieri il risultato di oggi sarebbe un ottimo risultato, oltre che il riconoscimento del nostro potere contrattuale sul piano internazionale. La storia vuole però che non solo non si è partiti da zero, ma gli accordi decisi con François Hollande davano a Fincantieri la maggioranza più ampia nell’assetto societario. Inutile spiegare cosa significhi in operazioni di questo tipo avere il 65 per cento di azioni oppure il 50 per cento più un’azione in prestito temporaneo e condizionato da patti scritti dai francesi.
Insomma, parliamoci chiaro, è un “contentino”, una classica sconfitta sulla quale si è messa una zolletta di zucchero per evitare che l’Italia perdesse la faccia. Ecco perché viene da ridere a leggere i titoli della grande informazione, che magnificano Gentiloni e il Governo per il risultato ottenuto nella trattativa Stx-Fincantieri. Statene certi che se fosse stata la Germania a trattare con Hollande l’acquisizione del 65 per cento di Stx, anche con Emmanuel Macron quel 65 per cento sarebbe andato ai tedeschi senza discussione, punto. Ovviamente con l’Italia no, con noi il problema non si pone, con noi si può trattare fino a stravolgere l’accordo iniziale.
Insomma, hanno vinto i francesi che sono riusciti a scippare un’acquisizione favorevole a noi, che al contrario sarebbe dovuta andare in porto (a proposito di navi) così come in origine. Altro che vittoria dell’Italia e di Paolo Gentiloni; abbiamo subito e ottenuto la decima parte di quello che avevamo in mano e che era stato deciso con la Francia di François Hollande. La verità è che siamo deboli, siamo deboli nel mondo e debolissimi in Europa, ecco perché ci trattano così e ci costringono ad accettare. Del resto abbiamo abituato i partner a fare shopping a piacimento nei nostri confini senza stabilire una sorta di regola di reciprocità intellettuale.
Si tratta di regole che ovviamente nel libero mercato non possono scriversi, ma possono discutersi se si è forti, se si ha potere contrattuale e se si pesa nel sistema europeo. Ecco perché in Italia si può comprare stabilendo dove, come e quanto, ma in caso contrario scattano semafori e barriere. Siamo dunque più fragili che mai. Del resto in venticinque anni dal quarto posto fra le potenze del mondo siamo scivolati in serie B, per cui o bere o affogare. L’accordo Stx-Fincantieri è un accordo al ribasso, del tipo prendere o lasciare, e il Governo Gentiloni non potendo fare altro ha detto: “Così”. Qualcuno per consolarci dirà meglio questo che i calci nel sedere, ma state tranquilli che continuando in questo modo prima o poi e purtroppo potrebbero arrivare anche quelli...

Putin: addio armi chimiche. E condona il debito dell’Africa




 Distrutte tutte le armi chimiche e condonati 20 miliardi di debiti africani. Sono due notizie “hard” di notevole rilevanza politica mondiale e provengono da Mosca. In sé meriterebbero un’attenzione cospicua, ma il modo di operare del sistema informativo dominante è così impermeabile alle notizie vere sulla Russia, che anche gli eventi suscettibili di grande peso simbolico e politico in campo militare ed economico passano praticamente inosservati. Così siamo informati fino all’ultimo tweet sulla lite fra Donald Trump e i giocatori di football, ma non ci viene detto con bastevole attenzione che il più formidabile arsenale chimico della storia, capace di distruggere diverse volte l’intera vita sul pianeta, ha concluso la sua esistenza il 27 settembre 2017. Né ci viene detto che – sempre in quella data – la Russia ha deciso unilateralmente di cancellare il grosso dei sui crediti che gravavano sui paesi africani più indebitati. Dunque, i fatti. Con tre anni di anticipo sulla tabella di marcia, Mosca ha adempiuto in toto alla Convenzione sulle armi chimiche ratificata 20 anni fa, nel 1997, quando ancora possedeva ben 40mila tonnellate fra gas nervini e sostanze vescicanti.


Vladimir PutinIl presidente Vladimir Putin ha riservato a questo fatto una notevole solennità, come quando si posa la prima pietra di una grande manifattura. Solo che in questo caso la cerimonia è stata invece riservata al mettere fine all’ultimo chilogrammo rimasto degli ultimi due ordigni. Il quantitativo terminale è stato definitivamente distrutto con un ordine impartito da Putin in persona, in videoconferenza con i funzionari inviati presso il villaggio di Kizner, dove si trovava l’ultima goccia dell’arsenale chimico che Mosca ha ereditato dall’Urss. Putin lo ha definito «un enorme passo verso un maggiore equilibrio e sicurezza nel mondo di oggi». Ha ricordato che per adempiere al trattato internazionale il suo paese ha speso tanto e ha investito in imprese high-tech in grado di neutralizzare l’intero arsenale. Ha poi ricordato che gli Stati Uniti stanno opponendo ogni tipo di scusa economica e finanziaria per giustificare i continui rinvii sulla completa distruzione del proprio arsenale. «Onestamente, questa storia della mancanza di fondi mi suona proprio strana», ha ironizzato Putin.
Ahmet ÜzümcüLa Russia in questi anni ha padroneggiato strategicamente il tema dell’eliminazione delle armi chimiche, al punto da ottenere grandi dividendi politici nelle negoziazioni internazionali: nel 2013 Mosca impedì l’aggressione diretta delle forze armate occidentali alla Siria mettendo sul piatto della bilancia la completa eliminazione dell’arsenale chimico siriano (che a suo tempo Damasco aveva costruito come deterrente opposto alle decine di bombe atomiche detenute da Israele). Fu una tappadiplomatica fondamentale per rovesciare poi le sorti del conflitto siriano a sfavore della galassia jihadista. E ora arriva quella che il turco Ahmet Üzümcü – direttore dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche – definisce come una «grande pietra miliare» per il disarmo chimico mondiale.

Alpha Condè con PutinOvviamente questa non è ancora la fine delle armi di distruzione di massa, visto che tutte le potenze nucleari continuano a testare nuovi armamenti sempre più micidiali e sofisticati. In proposito, nel suo discorso in videoconferenza, Putin ha sottolineato di avere piena consapevolezza «dei pericoli potenziali e dei rischi associati alla ripresa della corsa agli armamenti e ai tentativi di sconvolgere la parità strategica». Ha sottolineato che la sicurezza globale richiede il dialogo e il «rafforzamento delle misure per la creazione di fiducia». Il disarmo chimico è un passo politico importante e dimostra in modo pratico che grandi misure strategiche di disarmo sono possibili e governabili, magari un domani anche nel campo degli armamenti nucleari.
Il condono del debito africano. Lo ricorda il sito “Sputnik”: il presidente Putin ha annunciato la decisione di cancellare «oltre 20 miliardi di dollari di debiti ai paesi dell’Africa», il tutto nell’ambito delle «iniziative per aiutare i paesi poveri fortemente indebitati». Molte partite geopolitiche si stanno giocando ora nel continente africano, e avranno tutte enormi conseguenze sull’energia, le materie prime, le basi militari e i grandi flussi migratori. Il Cremlino cala sul campo una carta che può cambiare lo scenario, con un maggior peso della Russia. L’annuncio del presidente russo è stato fatto in occasione del suo incontro con Alpha Condé, che è sì il presidente della Guinea, un paese di meno di 11 milioni di abitanti, ma è soprattutto il presidente dell’Unione Africana, che ricomprende tutti i 54 Stati dell’Africa (1,1 miliardi di abitanti).

(Pino Cabras, “Russia: distrutte tutte le armi chimiche e condonati 20 miliardi di debiti africani”, da “Megachip” del 29 settembre 2017).

fonte: http://www.libreidee.org

28/09/17

Elezioni in Germania: La vittoria di Pirro della Merkel "Frau Merkel è in effetti un'anatra zoppa"



"Angela Merkel governa questo paese da dodici anni. Ha imposto ai tedeschi un debito pubblico di miliardi di euro per proteggere la parte meridionale dell'Europa dal tracollo e realizzare la sua idea di una comunità europea. Ha scosso l'industria energetica per salvare il clima mondiale e ha aperto le porte del paese a centinaia di migliaia di rifugiati per un obbligo umanitario. Ha inoltre modificato il concetto tradizionale di matrimonio, inteso come unione di un uomo e una donna, proprio così... ." – Tagesspiegel."

Ci riprenderemo il nostro paese e la nostra gente." – Alexander Gauland, ex esponente della Cdu, ora copresidente di Alternativa per la Germania (Afd).

"La realtà è che da oggi, 24 settembre, Frau Merkel è in effetti un'anatra zoppa." – Handelsblatt.
La cancelliera Angela Merkel ha vinto il suo quarto mandato, ma il vero vincitore delle elezioni tedesche del 24 settembre è Alternativa per la Germania (Afd), un partito rampante che ha sfruttato la diffusa rabbia per la decisione della Merkel di far entrare nel paese più di un milione di migranti soprattutto musulmani provenienti dall'Africa, dall'Asia e dal Medio Oriente.
I risultati preliminari delle elezioni mostrano che l'alleanza Cdu/Csu di centro destra della Merkel ha ottenuto circa il 33 per cento dei voti, il suo peggior risultato elettorale in quasi 70 anni. Il principale sfidante della cancelliera, Martin Schulz, e la sua Spd di centro sinistra, è crollato al 20,5 per cento, incassando il peggior risultato di sempre.
Al nazionalista Alternativa per la Germania è bastato guadagnare il 13 per cento dei consensi per diventare il terzo partito del paese, seguito dai liberali del Partito Democratico Libero (Fdp) con il 10,7 per cento; dalla Linke, una formazione di estrema sinistra, con il 9,2 per cento e dal partito ambientalista dei Verdi con l'8,9 per cento.
"Con soltanto il 33 per cento dei voti, la Merkel non ha solo ottenuto il risultato peggiore di tutte le campagne elettorali che ha condotto, ma ha incassato anche il secondo peggior risultato nella storia del partito", ha scritto Die Zeit.

La cancelliera tedesca Angela Merkel parla ai media a Berlino, il 25 settembre, il giorno dopo che la sua Unione Cdu/Csu si è piazzata al primo posto con il 32,9 per cento dei voti – il suo peggior risultato elettorale in quasi 70 anni. (Foto di Maja Hitij/Getty Images)


La Merkel ha ora due principali opzioni per costruire una coalizione di governo: una cosiddetta grande coalizione tra Cdu/Csu e l'Spd oppure una coalizione a tre che comprenda Cdu/Csu, Fdp e Verdi. Costruire una coalizione stabile sarà difficile, visto che tuti i partiti hanno ideologie, piattaforme e priorità diverse.
La Merkel ha governato due volte in una grande coalizione con l'Spd ed una nella coalizione con l'Fdp. Schulz ha ribadito che il suo partito non accetterà un'altra grande coalizione perché in tal caso l'Afd sarebbe il primo partito di opposizione della Germania, il che gli conferirebbe speciali diritti e privilegi in parlamento.
Il quotidiano Frankfurter Allgemeine ha previsto che qualsiasi coalizione si disgregherebbe prima della fine della legislatura di quattro anni perché la Merkel dovrà riunire diversi partiti che non potrebbero essere più diversi:
"La Cdu/Csu e i Verdi sono mondi diversi. Molte posizioni del liberale Fdp si scontrano con le idee dell'Unione Cdu/Csu. (...) Secondo le stime, le possibilità che tale alleanza duri sino alla fine della legislatura sono ben al di sotto del 50 per cento. È scontato che la Cdu/Csu, Fdp e Verdi formeranno una coalizione temporanea i cui protagonisti esausti getteranno la spugna dopo due anni. (...) E di certo, a quel punto la cancelliera avrà capito da sola che quando è troppo è troppo. Ne conseguiranno nuove elezioni, la fine dell'era Merkel e la formazione di un nuovo governo, guidato dal suo successore".
Deutsche Welle è d'accordo:
"Anche se questi risultati implicano che la Cdu rimarrà il partito più grande della Germania, essi stanno però a indicare una sostanziale perdita per i conservatori che nel 2013 avevano ottenuto il 41,5 per cento dei vori. Con una coalizione a tre che sembra essere la soluzione probabile per evitare un governo di minoranza, la Merkel si avvia a governare il paese in modo meno stabile rispetto ai suoi tre precedenti mandati".
Il Financial Times ha aggiunto:
"La Merkel è chiaramente indebolita. Nell'ultimo anno, la cancelliera è stata ritratta come l'ultimo alfiere dei valori liberali dell'Occidente in un mondo stravolto da populisti come Trump. I risultati delle elezioni di domenica hanno esattamente evidenziato come il suo sostegno popolare sia diminuito e quanto siano state controverse le sue politiche".
I risultati elettorali mostrano che più di un milione di voti della Cdu/Csu sono passati all'Afd. Secondo Detlef Seif, un parlamentare cristiano democratico, gli elettori hanno abbandonato la Cdu perché la Merkel avrebbe spostato l'orientamento del partito troppo a sinistra, soprattutto a causa della politica in materia di immigrazione e di apertura sulle nozze gay. "Dobbiamo concentrare maggiormente l'attenzione sui nostri fondamentali valori conservatori", egli ha detto.
Il leader della Csu, Horst Seehofer, si dichiara d'accordo: "C'è un fianco scoperto nella nostra ala destra e noi dobbiamo chiuderlo imponendo una posizione chiara e chiari limiti".
Il quotidiano berlinese Tagesspiegel ha scritto:
"Angela Merkel governa questo paese da dodici anni. Ha imposto ai tedeschi un debito pubblico di miliardi di euro per proteggere la parte meridionale dell'Europa dal tracollo e realizzare la sua idea di una comunità europea. Ha scosso l'industria energetica per salvare il clima mondiale e ha aperto le porte del paese a centinaia di migliaia di rifugiati per un obbligo umanitario. Ha inoltre modificato il concetto tradizionale di matrimonio, inteso come unione di un uomo e una donna, proprio così. ...
"Il mondo celebra la cancelliera per tutto questo: è stata chiamata la cancelliera del clima, la salvatrice dell'Europa, è stata vista come una forza stabilizzatrice del mondo. Insomma, è la donna più potente del globo. Nel suo paese, però, la Merkel si trova ad affrontare il caos, dopo tre mandati governativi.
"Quello che seguirà è l'inizio di un addio, anche se nessuno può dire oggi quanto durerà".
In una preoccupante analisi dei problemi economici e sociali che affliggono la Germania apparsa su Die Zeit, si legge:
"No, non va tutto bene in Germania. Gli affitti sono in aumento, è in atto un inasprimento delle divisioni sociali, le strade e le scuole sono spesso in pessime condizioni. Con il suo slogan 'Per una Germania nella quale viviamo bene e volentieri', la Cdu/Csu ha vinto le elezioni, ma ha perso molti elettori. L'Spd è stato perfino punito con il peggiore risultato registrato nella storia della Repubblica federale tedesca. Le ingenti perdite per la grande coalizione mostrano che troppi problemi sono stati ignorati nella campagna elettorale; non ci sono state risposte concrete ai problemi essenziali della nostra epoca. Questo non è più accettabile. Molti elettori vogliono un governo che trasformi il loro paese e non che si limiti a gestirlo".
La Merkel è rimasta sorda agli appelli. Durante una conferenza stampa post-elettorale, ha detto: "Non capisco cosa dovremmo fare di diverso". Ha inoltre ribadito che non ci saranno cambiamenti nella politica migratoria e un tetto massimo per i richiedenti asilo.
L'Afd ha affermato che lo status quo è inaccettabile: "Cari amici, ora che siamo ovviamente il terzo partito della Germania, il governo dovrà allacciare la cintura", ha dichiarato Alexander Gauland, ex esponente della Cdu, ora copresidente di Alternativa per la Germania. "Gli daremo la caccia. Daremo la caccia a Frau Merkel, e ci riprenderemo il nostro Paese e la nostra gente".
Scrivendo per Die Zeit, il commentatore Ludwig Greven ha obiettato che la Merkel dovrebbe dimettersi per salvare i partiti tradizionali tedeschi dall'estinzione politica:
"Con i risultati elettorali di domenica, la Germania ha seguito le orme di altri paesi europei. In Francia, nei Paesi Bassi, in Italia, Austria, Spagna e nei paesi scandinavi, i conservatori e i cristiano-democratici, i socialisti e i socialdemocratici sono stati gravemente decimati, se non sono addirittura scomparsi del tutto dalla scena politica. Soprattutto nella vicina Austria, dove i cristiano-democratici e i socialdemocratici hanno governato molto più a lungo che in Germania, i due grandi partiti ora raggiungono a malapena una maggioranza parlamentare. ...
"Se si spingesse questo spunto di riflessione fino alla sua logica conclusione, l'unica soluzione rimasta e probabilmente anche la più utile è che la Merkel si dimetta. Dovrebbe anche essere il suo ultimo mandato. Se rassegnasse le dimissioni, priverebbe l'Afd del suo ruolo decisivo quale partito di protesta contro la sua politica riguardo ai rifugiati e contro di lei, eterna cancelliera".
Il principale quotidiano economico e finanziario del paese, Handelsblatt, ha concluso:
"La realtà è che da oggi, 24 settembre, Frau Merkel è in effetti un'anatra zoppa. Lei stessa una volta ha detto che non voleva essere 'un mezzo rottame' che espleta le sue funzioni. Eppure, finora ha eliminato o escluso ogni potenziale successore nel suo partito. Nel suo quarto mandato, la Merkel non si potrà più permettere quel lusso. Parte della leadership pianifica la successione e di allevare una nuova generazione di dirigenti. Al momento, le fila dei candidati presenti nel suo partito, e in tutto lo spettro politico, sembrano deplorevolmente poco convincenti".
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.

In principio era l’uranio impoverito….

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Nello scorso mese di luglio è stata resa pubblica la relazione finale della IV Commissione d’Inchiesta sull’uranio impoverito, uno studio autorevole che ha fatto ulteriormente chiarezza sulle cause di un fenomeno che ha colpito migliaia di soldati italiani negli ultimi vent’anni.
All’inizio del nuovo millennio, infatti, tra i nostri militari che avevano prestato servizio nelle missioni balcaniche, in Bosnia e nel Kosovo, si era verificato un improvviso aumento di casi di linfoma di Hodgkin, tale da far prevedere un collegamento tra l’insorgere della malattia e l’attività prestata in teatro.
Gravemente sospetta era apparsa la presenta in quei territori di residui di uranio impoverito che, sotto forma di aerosol con particelle micro polverizzare trasportabili dal vento anche a grande distanza, erano suscettibili di entrare nell’organismo per inalazione o ingestione attraverso alimenti contaminati.
Dopo non poche polemiche, non sempre prettamente scientifiche, venne varata la Commissione Mandelli, incaricata dal Ministero della Difesa di far luce sul fenomeno ed individuarne le cause scatenanti.

uranio-impoverito-bosnia-militari-mortiLa commissione terminò i propri lavori nel 2004 senza accertare un nesso diretto ed incontrovertibile tra l’esposizione potenziale all’uranio impoverito e l’insorgenza dei linfomi, ma raccomandando un’ulteriore fase di studio che monitorasse l’evoluzione del fenomeno.
Ne nacque, su indicazioni della Difesa, il Progetto SIGNUM, acronimo per Studio di Impatto Genotossico Nelle Unità Militari, destinato a coinvolgere su base volontaria 982 militari impiegati nella missione “Antica Babilonia” in Iraq, dove le forze statunitensi avevano fatto largo uso di munizionamento contenente uranio impoverito.
Lo studio prevedeva la raccolta di informazioni dettagliate sulla possibile esposizione dei militari oggetto dell’indagine all’uranio impoverito e ad altri metalli pesanti mediante l’esame di campioni biologici (urine, sangue e capelli) effettuato prima e dopo la missione, per un periodo significativamente lungo (quasi otto anni).
Lo scopo era chiaramente quello di porre in essere una sorveglianza clinica ed epidemiologica protratta nel tempo, per accertare l’insorgenza di fenomeni a lungo termine.
Lo studio prendeva inoltre in considerazione altri fattori potenziali di rischio quali le condizioni ambientali e climatiche presenti nelle basi italiane di “White Horse” e “Camp Mittica”, gli stili di vita, la dieta, il fumo ed altre condizioni tendenzialmente pericolose, inclusa, per la prima volta, la somministrazione dei vaccini.
Il rapporto finale del progetto, redatto dal Comitato Scientifico costituito da 14 esperti di fama provenienti dagli staff medici delle università di Pisa, Genova e Roma, giunge già nel 2010 a conclusioni sorprendenti.
Nei soldati monitorati la quantità di uranio impoverito presente nel sangue e nelle urine non risultava aumentata al termine della missione, ma diminuita.
Erano invece aumentati i livelli di cadmio e nichel, notoriamente cancerogeni, ed ara cresciuto il danno ossidativo sul dna dei linfociti, cioè delle cellule del sistema immunitario, in particolare tra i soggetti che svolgevano intesa attività all’esterno ed avevano subito 5 o più vaccinazioni. I monitoraggi ambientali escludevano invece contaminazioni significative dovute ad uranio e l’esposizione ad altri specifici inquinanti genotossici.

L’attenzione sui vaccini
L’uranio impoverito, il grande accusato dei Balcani, cessava di essere il principale responsabile delle malattie sviluppate tra tanti soldati italiani e di un numero tristemente crescente di decessi.

rawImageIl Comitato Scientifico di Signum si concentrava invece sui vaccini, osservando una chiara correlazione tra le alterazioni ossidative del DNA ed il numero di vaccinazioni effettuate a partire dal 2003.
La differenza più eclatante si registrava infatti tra i 742 soggetti che avevano ricevuto un massimo di quattro vaccinazioni e quanti, un centinaio, ne avevano praticato un numero superiore, fino ad otto e somministrate talvolta anche in rapida successione. Per questi ultimi il differenziale di alterazioni ossidative era significativamente più elevato.
In particolare risultava sotto accusa il vaccino trivalente vivo attenuato Mrp (morbillo parotite rosolia) suscettibile di compromettere le cellule del nostro sistema immunitario incaricate di aggredire ed eliminare gli agenti patogeni esterni.
Profilassi massicce, stress psico-fisico e forte irraggiamento solare venivano pertanto individuati quali probabili concause di linfomi e neoplasie.
Sulla base di queste conclusioni, per certi versi inaspettate e spiazzanti, si costituì con delibera del Senato del 16 marzo 2010 una nuova Commissione Parlamentare di Inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che avevano colpito il personale italiano impiegato all’estero. Di fronte a questa il professor Franco Nobile, oncologo direttore del Centro prevenzione della lega contro i tumori di Siena, rese noti gli esiti di uno studio condotto su 600 militari del 186° Reggimento Paracadutisti “Folgore” reduci da missioni internazionali.
Le risultante confermavano quanto emerso dal Progetto Signum, evidenziando la possibilità che pratiche vaccinali particolari, massicce e ravvicinate potessero comportare una “disorganizzazione del sistema immunitario”, suscettibile a sua volta di concorrere alla manifestazione di gravi patologie autoimmuni, quali tiroidite, sclerosi multipla, eritema nodoso, lupus, artrite reumatoide, diabete e, secondo taluni studi, leucemie e linfomi.
Sotto accusa erano soprattutto le modalità di somministrazione vaccinale, con un nesso sempre più evidente tra vaccinazioni ravvicinate e abbassamento delle difese immunitarie, ed il loro stesso contenuto, che evidenziava la presenza di metalli pesanti quali alluminio e mercurio, senz’altro cancerogeni, utilizzati in alcuni tipi di vaccini come eccipienti e conservanti per migliorarne l’effetto.
Il ruolo dei vaccini risulterebbe suffragato soprattutto dall’insorgenza di numerosi casi di malattie in situazioni che escluderebbero altri fattori, primo fra tutti l’uranio impoverito.

0Secondo dati di fonte ufficiale, infatti, l’85% dei militari che hanno contratto patologie gravemente invalidanti o sono addirittura deceduti per cause tumorali non hanno preso parte a missioni militari all’estero.
Si giunge così ai giorni nostri, con la pubblicazione, nel mese di luglio, della Relazione della IV Commissione d’Inchiesta sull’uranio impoverito che, nonostante il nome, si è occupata di tutti gli aspetti relativi alla tutela della salute del personale militare.
Sono state esaminate anche tematiche particolari, relative a determinati siti utilizzati dalle forze armate e potenzialmente contaminati dalla presenza di amianto, gas radom o elementi radioattivi specifici utilizzati nel sistema di tracciamento IR del missile Milan.
Oltre a questo la Relazione si è soffermata ampiamente di nuovo sulla somministrazione dei vaccini.
Ricordando gli esiti del progetto Signum e gli studi del Prof. Nobile sui militari della Folgore che collegavano in maniera molto netta il significativo incremento della frequenza di alterazioni ossidative del DNA dei linfociti con un numero di vaccinazioni superiore a cinque, il documento raccomanda che tale numero divenga limite prescrittivo nella somministrazione di vaccini ed adottato come specifica prescrizione.

Indicazioni utili anche per civili e bambini?
 A tale proposito la Commissione suggerisce di predisporre una serie di esami pre-vaccinali specifici per individuare i soggetti particolarmente esposti a patologie gravi e per i quali è assolutamente sconsigliabile la vaccinazione, estendendo tali test in futuro anche alle reclute in fase di valutazione di idoneità all’arruolamento. In ogni caso per tutto il personale in servizio si raccomandano esami prima della somministrazione, per valutare immunità già acquisite e si sottolinea l’opportunità di non effettuare vaccinazioni in prossimità della partenza per le missioni, perché indurrebbero uno stato di immunodepressione che aumenterebbe paradossalmente il rischi di contrarre quella stessa malattia o altra patologia.
Infine la Commissione esprime il convincimento che farmaci vaccinali forniti in soluzione monovalente e monodose ridurrebbero significativamente i rischi della profilassi vaccinale, in particolare in presenza di soggetti già immunizzati nell’infanzia, con profilassi specifica o per aver contratto la malattia.
Dopo quasi vent’anni di polemiche spesso ideologiche e ben poco scientifiche, accese campagne di stampa talvolta fuorvianti, circa 4000 soggetti ammalati ed alcune centinaia di decessi, sembrano finalmente identificate con sufficiente chiarezza le cause principali di un fenomeno così grave e devastante.
Nell’auspicare che il Ministero della Difesa e la Sanità Militare diano attuazione con la massima sollecitudine e solerzia alle direttive espresse dalla Commissione, non possiamo ignorare che l’apparizione di questo autorevole documento sia coinciso con le forti polemiche registrate in tema di vaccinazione dei bambini in età scolare, vaccinazioni numerose (10 obbligatorie e 4 facoltative) ed effettuate anche con farmaci polivalenti.
A dispetto delle granitiche certezze manifestate più volte dal ministro della salute ci domandiamo se non sia opportuno suggerire anche per i bambini maggiori cautele e specifici accorgimenti pre-vaccinali per escludere rischi legati all’iperimmunizzazione, valutando caso per caso i possibili effetti delle somministrazioni sull’equilibrio immunitario.

Foto NATO, Croce Rossa Italiana, US DoD e Darren Abate / For The San Antonio Express-News 

28 settembre 2017 - di

26/09/17

Europa: I jihadisti che si fingono migranti "Più di 50 mila jihadisti ora vivono in Europa"


  • Sono più di 50 mila i jihadisti che ora vivono in Europa. – Gilles de Kerchove, coordinatore antiterrorismo dell'Unione europea.
  • L'Europol, l'ufficio europeo di polizia, ha identificato almeno 30 mila siti web jihadisti attivi, ma la legislazione dell'Unione Europea ha abrogato l'obbligo previsto per gli Internet server provider di raccogliere e conservare i metadati – compresi i dati relativi alla localizzazione dei jihadisti – dei loro utenti a causa delle preoccupazioni sulla tutela della privacy. De Kerchove ha dichiarato che questo ostacola le capacità della polizia di identificare e dissuadere i jihadisti.
Le autorità tedesche stanno dando la caccia a decine di membri di uno dei gruppi jihadisti più violenti della Siria, Jabhat al-Nusra, ma che, secondo Der Spiegel, sono entrati in Germania camuffati da rifugiati.
Si ritiene che questi uomini, tutti membri del Liwa Owais al-Qorani, un gruppo ribelle distrutto dallo Stato islamico nel 2014, abbiano massacrato centinaia di civili e militari siriani.
Secondo quanto riportato, la polizia tedesca ha identificato circa 25 dei jihadisti e ha arrestato alcuni di loro, ma si crede che molti altri siano ancora nascosti in tutta la Germania.
L'Ufficio federale della polizia criminale (Bundeskriminalamt, BKA) ritiene che complessivamente siano più di 400 i migranti che, entrati nel Paese come richiedenti asilo nel 2015 e nel 2016, ora sono indagati perché membri di gruppi jihadisti mediorientali.
La rivelazione arriva in mezzo a nuovi allarmi che i jihadisti si fingono migranti e arrivano dal Nord Africa su imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo e approdano sulle coste italiane. In un'intervista al Times, il primo ministro libico Fayez al-Sarraj ha detto che i jihadisti riusciti a passare inosservati nel suo Paese hanno quasi certamente raggiunto l'Europa.
"Quando i migranti arrivano in Europa si muovono liberamente", ha spiegato al-Sarraj, riferendosi alle frontiere aperte all'interno dell'Unione Europea. "Se, Dio non voglia, ci sono dei terroristi tra i migranti, questo interesserà tutta l'Unione europea".
L'eurodeputato indipendente Steven Woolfe ha detto:
"Questi commenti mostrano che il problema è duplice. Innanzitutto, i potenziali terroristi utilizzano la rotta dei migranti nel Mediterraneo come un modo per entrare in Europa senza alcun controllo. In secondo luogo, con la mancanza di frontiere in Europa a causa degli accordi di Schengen, una volta nel Vecchio Continente, essi sono in grado di muoversi liberamente da un paese all'altro. I confini forti sono una necessità".
Secondo l'Organizzazione internazionale per la Migrazione (OIM/IOM), nei primi otto mesi del 2017, gli arrivi di migranti in Europa via mare e via terra hanno raggiunto quota 130 mila. I migranti giunti a luglio in Italia sono arrivati soprattutto da Nigeria, Bangladesh, Guinea, Costa d'Avorio e Mali. In Grecia, si sono registrati arrivi da Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan e Congo. In Bulgaria, da Siria, Afghanistan, Iraq e Turchia.
Nelle ultime settimane, i trafficanti che conducono i migranti in Europa hanno aperto una nuova rotta che passa dal Mar Nero. Il 13 agosto, 69 iracheni sono stati arrestati mentre cercavano di raggiungere la costa romena del Mar Nero, dopo essere partiti dalla Turchia su un natante pilotato da scafisti bulgari, ciprioti e turchi. Il 20 agosto, la Guardia costiera romena di Costanta, nella parte sud-orientale del Paese, ha intercettato nelle acque del Mar Nero un'altra imbarcazione sulla quale si trovavano 70 migranti, tra cui 23 bambini, di nazionalità irachena e siriana.
Secondo Balkan Insight, nei primi sei mesi del 2017, sono state arrestate complessivamente 2.474 persone nel tentativo di attraversare illegalmente il confine romeno. Quasi la metà di loro sono stati scoperti mentre cercavano di lasciare il Paese per raggiungere l'Ungheria. Nel 2016, sono stati arrestati 1.624 migranti, la maggior parte dei quali è stata sorpresa mentre cercava di oltrepassare il confine serbo per andare in Romania.
Intanto, secondo l'OIM, sono più di 10 mila i migranti sbarcati sulle coste spagnole nei primi otto mesi del 2017 – tre volte di più rispetto ai dati registrati nel 2016. Migliaia di altri migranti sono entrati in Spagna via terra, soprattutto nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla sulla costa settentrionale del Marocco, l'unico territorio dell'UE confinante con l'Africa. Una volta lì, i migranti, vengono alloggiati in rifugi temporanei e poi trasferiti sulla terraferma spagnola, da dove continuano il loro viaggio verso altri paesi europei.
Frontex, l'agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli stati membri dell'Unione Europea, ha avvertito che i jihadisti stanno approfittando della crisi migratoria per entrare in Europa e pianificare attacchi in tutto il continente. Frontex ha ammesso di disconoscere il numero esatto di migranti che sono arrivati in Europa e di cui non si ha traccia. Nel suo rapporto 2016 sull'analisi dei rischi, l'agenzia ha scritto:
"Gli attacchi di Parigi del novembre 2015 hanno chiaramente dimostrato che i flussi di migranti irregolari possono essere utilizzati dai terroristi per entrare nell'UE. Due dei terroristi coinvolti negli attentati erano in precedenza entrati irregolarmente attraverso Leros [in Grecia] e sono stati registrati dalle autorità greche. Hanno presentato falsi documenti siriani per accelerare il loro processo di registrazione.
"False dichiarazioni di nazionalità sono diffuse tra i cittadini che difficilmente potrebbero ottenere asilo nell'UE, che rischiano di dover ritornare nei loro paesi di origine o di transito, o che semplicemente desiderano accelerare il loro viaggio. Con un gran numero di persone che arrivano con documenti falsi o che sono prive di documenti di identità oppure preoccupate per la validità della nazionalità da loro dichiarata, senza controlli approfonditi o sanzioni per coloro che presentano false dichiarazioni, esiste il rischio che alcune persone che rappresentano una minaccia per la sicurezza dell'UE possano trarre vantaggio da questa situazione".
In un'intervista del 31 agosto al quotidiano spagnolo El Mundo, Gilles de Kerchove, coordinatore antiterrorismo dell'Unione europea, ha detto che più di 50 mila jihadisti ora vivono in Europa:
"Tre anni fa, era facile identificare qualcuno che si era radicalizzato. Ora, la maggior parte dei fanatici maschera le proprie convinzioni. Non siamo in possesso di dati precisi, ma non è difficile fare calcoli approssimativi. Non è un segreto che nel Regno Unito – i dati sono stati pubblicati – ce ne siano 20 mila. In Francia, 17 mila. La Spagna, ne ha molti di meno, ma credo siano più di 5 mila. In Belgio, quasi 500 sono andati in Siria e ci sono circa 2 mila radicali, e oltre. Non vorrei azzardare una cifra specifica, ma sono decine di migliaia, più di 50 mila".
Il 16 giugno 2014, a Madrid, poliziotti spagnoli mascherati arrestano un uomo sospettato di reclutare jihadisti da mandare a combattere per lo Stato islamico. (Foto di Gonzalo Arroyo Moreno/Getty Images)


In un'intervista al quotidiano belga Le Soir, de Kerchove ha avvertito che anche se lo Stato islamico è sconfitto militarmente continuerà a prosperare come "califfato virtuale". Ha anche detto che l'Europol, l'ufficio europeo di polizia, ha identificato almeno 30 mila siti web jihadisti attivi, ma la legislazione dell'Unione Europea ha abrogato l'obbligo previsto per gli Internet server provider di raccogliere e conservare i metadati – compresi i dati relativi alla localizzazione dei jihadisti – dei loro utenti a causa delle preoccupazioni sulla tutela della privacy. De Kerchove ha dichiarato che questo ostacola le capacità della polizia di identificare e dissuadere i jihadisti: "Dico francamente che sui metadati ci strapperemo i capelli".


Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.
 

25/09/17

Elezioni Germania - "Pim e Alice: la destra che non t’aspetti"


combine_imagesLUI E LEI 
Lui si chiamava Pim. Lei si chiama Alice.
Lui era olandese. Lei è tedesca.
Lui era il leader di un movimento politico da lui stesso fondato (LFP) dichiaratamente anti-islamico, liberale in economia e anti-euro. Lei è il leader del AfD, il Partito che è diventato la terza forza politica della Germania.
Lui era un sociologo di formazione marxista ma approdato a posizioni libertarie in economia e sovraniste in politica. Lei è un’economista liberale, che ha lavorato per Goldman Sachs ed è ferocemente anti-euro e anti-immigrazione.
Lui aprì in Olanda il dibattito sui rischi dell’islamizzazione dell’Europa e della perdita delle nostre libertà civili con l’avanzare di Eurabia. Lei ha costretto la Germania a vedere il vero volto di quella “politica dell’accoglienza” imposta dalla Merkel e dai teorici dell’immigrazionismo ideologico, che sta scardinando il nostro assetto demografico, sociale e culturale.

PymLui era omosessuale e cattolico con un amore smisurato per l’Italia, paese dove è stato sepolto (vicino Pordenone dove possedeva una casa). Lei è omosessuale con un legame stretto con la Svizzera dove vive la sua compagna e suo figlio.
Ah dimenticavo: Pim era Pim Fortuyn, uno dei politici più originali della recente storia d’Europa. Alice è Alice Weidel, il volto nuovo della politica tedesca.




Purtroppo Pim non c’è più; nel 2002 fu assassinato da un’estremista di sinistra pochi giorni prima delle elezioni politiche che videro il suo partito trionfare (anche sulla scia emotiva della sua morte).


AliceUNA DESTRA CHE SPIAZZA
Quella di Pim e Alice è una destra che spiazza, forse perché non è come quella che media e intellettuali pensano.
Nel cortocircuito dottrinale con cui la sinistra e i suoi piccoli intellettuali provano ad incorniciare la realtà, succede spesso che la realtà sia più imprevedibile dei loro noiosi disegnini in bianco e nero.
Non è un caso che anche ieri, appena usciti i primi risultati delle elezioni tedesche, una ormai scontata folla di vigilantes antifascisti e nipotini di Soros, si è riversata davanti alla sede del AfD per protestare contro i nuovi nazisti che si apprestano ad invadere la Germania. Il solito film già visto in America, dopo la vittoria di Trump.
Ma stavolta qualcosa non torna. L’immagine di una destra che i media dipingono come xenofoba, reazionaria, con venature “neo-naziste”, ma guidata da una donna lesbica, manager, indipendente e liberale incrina la narrazione di cui i custodi del politically correct hanno bisogno.

Pym3Allo stesso modo Pym Fortuyn era odiato perché non rientrava nei canoni previsti dall’ortodossia dell’antifascismo di professione: un dandy, fascinoso e colto che ammirava J.F. Kennedy e, a chi lo paragonava agli altri leader delle destre radicali europee (il francese Le Pen e l’austriaco Haider), lui rispondeva scocciato che il suo unico riferimento era l’italiano Silvio Berlusconi; uno così non poteva non caricare su di sé quel misto di odio, disprezzo con cui la sinistra ha armato il suo assassino.
Entrambi hanno in comune un’altra cosa: il loro vivere la propria omosessualità non come ostentazione ridicola da Gay Pride, o come deriva ideologica da follie “gender”, ma come libera realizzazione della propria vita; talmente libera da riuscirla ad incarnare persino in contesti politici ostili, vincendo diffidenze e chiusure.

Alice 2Alice è la vera erede di Pim e oggi, se Pim fosse vivo, riconoscerebbe in Alice una leader capace di incarnare quella destra eretica che lui ha provato a costruire. Una destra in grado di affrontare senza torcicolli o passi indietro questa Europa governata da alchimisti della finanza, da élite tecnocratiche spietate e rapaci e da intellettuali del multiculturalismo suicida.
Una destra che il sistema non si aspetta, che esce dagli schemi in cui è facile rinchiuderla; e per questo fatalmente pericolosa.


Su Twitter: @GiampaoloRossi

di Giampaolo Rossi - 25 settembre 2017

24/09/17

Non eravamo lanciati verso il benessere?


Non eravamo lanciati verso il benessere?


Dopo che nelle scorse settimane il Governo aveva dato fiato alle trombe per rincitrullire gli italiani sulla crescita, sulla ripresa, sui successi economici e quanto altro, puntuale è arrivato lo stop della realtà. A conti fatti, Paolo Gentiloni e, soprattutto, Pier Carlo Padoan, hanno capito che troppo si stava esagerando e che tutta questa ricchezza strombazzata non c’era. Ecco perché il ministro dell’Economia ha annunciato che le risorse sono molto poche, che il sentiero della ripresa è stretto e che la crescita del Prodotto interno lordo non basta per una manovra luccicante. Eppure, televisione, grandi testate, mezzi d’informazione e istituti statistici, nel corso dell’estate appena terminata hanno bombardato la gente con dati sfavillanti sull’economia.
Dal Pil all’occupazione, dall’export ai consumi, dalla produzione agli investimenti, per settimane hanno raccontato la storia di un Paese lanciato verso la conquista del mondo. Si è diffusa la certezza di una crescita forte e strutturale, la raccolta di frutti abbondanti per merito delle scelte di Governo e l’uscita dal tunnel della crisi. Insomma, fino a qualche giorno fa sembrava che fossimo a bordo di un razzo spaziale pronto a condurci nell’orbita del benessere. A questo punto, la domanda è d’obbligo: come mai Padoan parla di pochissime risorse, sentiero stretto e di manovra finanziaria complicata? Come mai ad ogni richiesta per gli interventi che sarebbero necessari, il Governo risponde che non ci sono soldi? E come mai gira voce che nella manovra si farà di tutto per raschiare il fondo del barile e raccattare, in ogni modo, un po’ di quattrini dalle tasche degli italiani? Bene, la risposta è ovvia e gli italiani, che la sanno lunga sui metodi elettorali per tentare di illudere, la conoscono e bene: “Purtroppo non siamo lanciati verso alcun successo”.
Non solo. Tutti gli sperperi di questi anni fatti a debito per via della flessibilità che la Ue ci ha concesso, stanno arrivando al pettine. Tanto è vero che il debito continua a salire vertiginosamente, il tappo della disoccupazione resta e le tasse persecutorie anche. Insomma, cinque anni di governo cattocomunista, tre premier e tre maggioranze di centrosinistra accroccate ad hoc ed elette da nessuno, non hanno risolto nulla. La crescita non solo è inferiore al necessario e a quella dei partner europei, ma è in larga parte congiunturale e i nodi veri dunque arrivano al pettine. Per farla breve, le notizie sparate in prima pagina e in prima serata sulle televisioni, sui successi e le vittorie di Renzi e Gentiloni, non ci sono e nessuno se ne è accorto.
Restiamo nel mezzo del guado, nessuna zavorra è stata eliminata, le inefficienze di Stato restano intatte e le tasse di sicuro opprimeranno ancora. La prossima, in buona sostanza, sarà una manovra di galleggiamento, una foglia di fico preelettorale, un trompe-l’oeil per non allarmare in vista del voto degli italiani. La realtà è che l’Italia non funziona, il sistema Paese è malato, lo Stato costa troppo e non si riesce più a mantenerlo. Ecco perché si preoccupano i tanti organismi pubblici che invitano a una stretta fiscale e a ulteriori torchiature, hanno paura che, prima o poi, non ce ne sia più per mantenerli al caldo delle loro posizioni.
Hanno paura di perdere gli assurdi privilegi di cui godono, gli stipendi da nababbo, le pensioni d’oro, l’accredito mensile in cambio di poco o niente. Serve smantellare un apparato pubblico infernale, enorme, goffo e costosissimo, serve togliere ogni privilegio, serve sconfiggere le rendite di posizione delle lobby e degli apparati. Solo così se ne potrà uscire, solo così ci toglieremo pesi e zavorre, solo così la crescita potrà essere strutturale. La decisione spetterà agli italiani che, tra qualche mese, dovranno scegliere e votare.