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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

13/10/16

REFERENDUM E TV/ C'è un "bug" che mette in crisi Renzi





Renzi e il referendum: dalla personalizzazione spinta della primavera scorsa (se perdo mi dimetto) a oggi, potrebbe esser cambiato così tanto da non essere cambiato nulla. In mezzo ci sono stati gli avvertimenti molto preoccupati dell'ex presidente della repubblica Giorgio Napolitano, le critiche della minoranza dem, i mea culpa; ma il presidente del Consiglio è sempre di più al centro della scena. Strategia deliberata o protagonismo inevitabile? Lo abbiamo chiesto a Sara Bentivegna, docente di comunicazione politica nell'Università La Sapienza di Roma.

Renzi è dappertutto, la personalizzazione sembra per lui una via obbligata.
Temo di sì. Siamo di fronte all'incarnazione più compiuta del governo del leader di cui parla Mauro Calise; il governo è Renzi, è lui che dà corpo a tutti i ministri, è lui la fonte della loro legittimazione politica. In queste condizioni non può che personalizzare, alternando momenti di tregua per far scendere la sovraesposizione. Ma siamo a ridosso del voto ed è un'impresa difficile.

A ridosso del voto? Si vota il 4 dicembre.
La politica è cambiata. Siamo in una campagna elettorale permanente, fatta di tappe: ora è il referendum costituzionale, ieri erano le amministrative. E' un percorso cominciato quando Renzi si è candidato a leader del centrosinistra nel 2012.

E Renzi che rischi corre?
Deve stare attento a non raggiungere il livello di saturazione. Oggi è una presenza continua e ossessiva sui media generalisti. Il rischio è il tormentone: prevedi la battuta perché sapendo dove vuole arrivare, sai già cosa sta per dire.

Insomma è il pericolo del rigetto?
Sì. Inizierà probabilmente a calmierare le presenze, a usare solo alcune occasioni. 

Il premier è passato dalla personalizzazione alle astuzie retoriche: definire "spassose" le discussioni su quanto cresce il Pil, accusare la "caccia all'uomo mediatica" contro il Sì, dire che la"cultura del no" impedisce il dibattito, eccetera. Qual è la matrice ideologica di questo storytelling?
E' un fenomeno che finora è stato estraneo alle nostre campagne elettorali, perché la politica era diversa e oggi Renzi è un perfetto interprete di quella nuova. Il metodo della boutade, della cosa vera e non vera, è una scelta strategica derivante anche dal fatto che la crisi di autorevolezza e legittimazione della politica coinvolge direttamente il sistema mediatico. Perché media e giornalisti non replicano prontamente mettendo alle strette l'interlocutore quando resta sul vago, vagliando ciò che dice, obbligandolo a chiarire? Se gli si lascia libertà di "narrare", il politico ha buon gioco nel dire tutto ciò che vuole.

Renzi viene accostato a Berlusconi. A ragione o a torto?
Entrambi hanno rappresentato una svolta nel contesto comunicativo: Berlusconi con la televisione commerciale, Renzi con l'uso dei social media e della tv inserita nel nuovo sistema mediale. Il resto lo fa il contesto mutato. Berlusconi personalizzava stagliandosi su uno sfondo più tradizionale, Renzi lo fa in un contesto in cui i partiti sono di fatto scomparsi.

 
fonte: http://www.ilsussidiario.net 

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