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(Bertrand Russell)

29/02/16

IL SEQUESTRO DEI FUCILIERI DI MARINA LATORRE E GIRONE - ASPETTANDO IL RIENTRO DI GIRONE: L'ARBITRATO MANCATO DELL'ITALIA E QUELLO DETTATO DALL'INDIA.






22 Febbraio 2016
Stefano Tronconi

Come promesso, il commento di questa settimana prende spunto dalle dichiarazioni, suonate a molti come inaspettate, sconcertanti e sconfortanti, rilasciate dalla prof. Angela Del Vecchio nel corso del Progarmma 'Voci del mattino' andato in onda su RaiRadio1 lo scorso 16 Febbraio.
In particolare la Del Vecchio ha sostenuto che:
1) c'è da aspettarsi che Girone debba restare in India fino al pronunciamente di merito del Tribunale Arbitrale previsto non prima di fine 2018;
2) quella dell'arbitrato internazionale fosse la scelta che l'Italia avrebbe dovuto fare nel 2013.
Per giungere alla stessa conclusione da me già espressa a caldo Mercoledì scorso secondo cui non ritengo verosimile la prima affermazione fatta dalla professoressa (cioè che a Girone non sarà concesso di rientrare in Italia per tutta la durata dell'arbitrato) partirò quest'oggi dalla seconda affermazione ripercorrendo in tal modo anche un po' della storia della vicenda Marò.
Nel corso dei quattro anni trascorsi vi sono certamente stati dei momenti in cui l'Italia avrebbe dovuto e potuto scegliere la strada dell'arbitrato internazionale.
La prima e principale occasione in cui l'Italia avrebbe dovuto avviare un arbitrato internazionale (oltre ad avviare varie altre azioni) cadde sicuramente tra il 15 ed il 19 Febbraio 2012.
Erano i giorni in cui l'India rivendicava con prepotenza la custodia di Latorre e Girone che, per quanto bloccati nel porto di Kochi, ancora si trovavano sulla Enrica Lexie e quindi in territorio italiano.
Invece fu proprio la scelta italiana compiuta il 19 Febbraio di non pretendere un arbitrato e consegnare i due fucilieri di marina nelle mani della polizia del Kerala il momento culmine della capitolazione dell'Italia.
A differenza di quanto avvenuto con il rientro nel porto di Kochi che fu il risultato di un clamoroso errore di valutazione dovuto a pressapochismo e superficialità, quella del 19 Febbraio fu una scelta compiuta a mente fredda e quindi di una gravità inaudita in quanto con essa lo Stato italiano rinunciava ad esercitare la propria giurisdizione su due suoi militari in servizio.
La seconda occasione per pretendere/ricorrere ad un arbitrato internazionale fu offerta dalla stessa India all'Italia nel Dicembre 2012 in occasione del rientro concesso a Latorre e Girone per le Feste di Natale.
Era il momento in cui all'interno del governo indiano si confrontavano due fazioni in contrapposizione tra loro (da un lato quella guidata dal ministro della Difesa, Antony e dall'altro quella guidata dal ministro degli Esteri, Kurshid) e lo stesso avveniva all'interno del collegio della Corte Suprema dove le opinioni dei giudici Kabir e Chelameswar non coincidevano causando un continuo rinvio della sentenza sulla titolarità della giurisdizione.
Se in quell'occasione avesse avviato la controversia internazionale trattenendo i due fucilieri in patria ed invocando l'arbitrato, l'Italia sarebbe venuta meno alla parola data ad una Corte di grado inferiore (quella del Kerala) mentre la questione della titolarità della giurisdizione era ancora 'sub-judice', e quindi non definita, presso la Corte Suprema. L'impatto in India sarebbe quindi stato assai meno devastante.
Purtroppo i vertici italiani del tempo non furono assolutamente capace di interpretare correttamente il contesto indiano e fecero rientrare Girone e Latorre in India confidando nella Corte Suprema indiana ed allo stesso tempo costringendo tale Corte ad esprimersi.
A quel punto, benché ne dica la prof.ssa Del Vecchio, la possibilità per l'Italia di intraprendere la strada dell'arbitrato internazionale finì davvero in soffitta perché nel Gennaio 2013 la Corte Suprema indiana (a cui si era rivolta l'Italia stessa) depositò la propria sentenza che, per quanto farcita di contraddizioni e di compromessi (frutto delle diverse opinioni dei giudici Kabir e Chelameswar), stabiliva che la titolarità della giurisdizione spettasse all'India salvo che una corte speciale indiana non dovesse successivamente stabilire in modo diverso.
Quasi a compensare una tale decisione, devastante per l'Italia, il Presidente della Corte Suprema dopo poche settimane concesse una licenza ai Marò di ben quattro settimane quasi come gesto di buona volontà riparatrice. E a quel punto successe il patatrac!
La decisione dell'Italia di comunicare l'intenzione di non rispettare i termini di rientro, che aveva invece rispettato solo due mesi prima, fu vissuto in India come il più grave degli insulti e dei tradimenti possibili.
Ma come? L'Italia aveva rimandato in India i due soldati due mesi prima per un impegno preso con una Corte di rango inferiore ed ora veniva meno alla parola data ad una delle più alte istituzioni del Paese? Un comportamento assolutamente demenziale e schizofrenico agli occhi non solo dell'India, ma di tutto il mondo.
Certo, una volta comunicata la decisione di non far rientrare i due soldati una tale decisione l'Italia avrebbe dovuto tenerla ferma pur nella consapevolezza che ciò avrebbe causato una crisi diplomatica, politica ed economica senza precedenti tra i due Paesi. E l'Italia avrebbe a sua volta dovuto denunciare tutti gli sgarbi istituzionali ricevuti dall'India. Ma non raccontiamoci palle: altro che arbitrato nel 2013, sarebbe stata una gravissima crisi tra i due Paesi dalle conseguenze imprevedibili!
Invece, e questa è storia ben conosciuta, l'Italia riuscì a rimangiarsi una seconda volta la parola (questa volta data ai due fucilieri di marina) con il risultato che al loro rientro sugli sfortunati Girone e Latorre ricaddero non solo le false accuse dei politici e delle associazioni dei pescatori del Kerala, ma divennero loro stessi i capri espiatori sulle cui spalle far ricadere l'ira e la punizione meritata dall'Italia per il disprezzo mostrato verso l'India.
Nel 2013 la situazione si deteriorò a tal punto da lasciare spazio solo ad un durissimo muro contro muro!!
A questo punto si può accellerare nel riavvolgimento del nastro e ricollegarsi con gli sviluppi del 2015 che hanno portato invece all'accordo di avviare l'arbitrato internazionale.
Nel Maggio 2013 viene portata in televisione la ricostruzione dell'innocenza realizzata da Toni Capuozzo, Luigi Di Stefano e lo scrivente.
Il governo italiano purtroppo non la sposa per non indispettire ulteriormente il governo indiano e tutelare i vertici politici e militari italiani responsabili del sequestro di Girone e Latorre.
Il governo indiano non sa più che pesci pigliare rispetto al processo ai due fucilieri di marina, ma ritiene che l'India debba comunque dare una lezione all'Italia per l'affronto subito dalla propria Corte Suprema.
In ogni caso l'India può permettersi di lasciare i due Marò nel limbo in quanto l'Italia con la coda tra le gambe non esercita alcuna pressione.
La linea del governo indiano cambia con l'elezione di Narendra Modi nel Maggio 2014 e il nuovo governo assume una posizione non più 'ostile', ma semplicemente 'indifferente' rispetto alla risoluzione del caso lasciando che sia la Corte Suprema indiana ad assumere ogni decisione sul caso.
Tale posizione favorisce il rientro in Italia di Latorre durante la Presidenza del giudice Lodha alla Corte Suprema, ma poi le cose cambiano di nuovo drasticamente in peggio per l'Italia con la nomina alla Presidenza del giudice Dattu, politicamente vicino agli esponenti del Partito del Congresso del Kerala. (avvenuta nel Settembre 2014).
E' a seguito di questa nuova impasse che nel 2015 il governo indiano apre all'arbitrato internazionale come soluzione utile a guadagnare altro tempo per arrivare alla scadenza della presidenza Dattu ed al tempo stesso a mettere la sordina alla vicenda.
La novità non è stata infatti che dopo oltre tre anni di parole vuote in tal senso l'Italia abbia nel 2015 dato l'avvio all'arbitrato internazionale.
La novità è stata che il governo indiano abbia radicalmente cambiato la propria posizione ed accettato tale arbitrato dando così il segnale di voler mettere la crisi tra i due Paesi alle spalle, pur indicando chiaramente di voler mantenere il controllo sui tempi e sui modi di uscita dalla crisi stessa.
Ora che alla Presidenza della Corte Suprema il giudice Dattu è stato sostituito dal giudice Thakur, ora che il Tribunale del Mare ha legittimato i comportamenti dell'India a partire dal Febbraio 2012, ora che il Tribunale Arbitrale ha definito un calendario dei lavori per la definizione della titolarità della giurisdizione che equivalente ad una pietra tombale sull'accertamento della verità per anni a venire, il governo indiano non ha più nessuna ragione per prolungare ulteriormente la permanenza di Girone.
Infatti che Girone (come Latorre) sia innocente il governo indiano lo sa benissimo. E nel frattempo l'Italia è stata umiliata a dovere per il suo comportamento del 2013.
Cosa ha infatti ottenuto l'Italia avviando nel Giugno 2015 l'arbitrato internazionale sulla giurisdizione? Ha ottenuto di rinunciare a mettere al centro della discussione la questione reale e concreta dell'innocenza di Girone e Latorre, su cui non avrebbe potuto che prevalere, a favore di un confronto sulla titolarità della giurisdizione tra i due Paesi dall'esito tutt'altro che scontato.
L'Italia ha scelto di uscire umiliata e perdente agli occhi del mondo pur non essendo il crimine di cui sono stati accusati i suoi militari mai stato compiuto.
In altre parole, la scelta di avviare l'arbitrato internazionale nel Giugno 2015 è stata una scelta degna del miglior Tafazzi. Ma quella era diventata la soluzione migliore per l'India che potrà così evitare troppi imbarazzi per i crimini commessi da alcuni suoi uomini ai vertici politici, militari e della magistratura.
Come ho scritto Venerdì scorso, non sarà certo la Corte Arbitrale (dove tra i giudici la posizione indiana potrà contare sulla stessa solida maggioranza già vista al Tribunale del Mare) ad assumere una qualsiasi decisione sgradita all'India in merito al rientro di Salvatore Girone.
La decisione riguardante il rientro di Salvatore dovrà innanzitutto trovare la non-opposizione del governo indiano (e, fatti salvi i sempre possibili imprevisti, non vi è ragione per cui a questo punto non la debba trovare) e ricevere la sanzione della Corte Suprema indiana (e, di nuovo fatti salvi i sempre possibili imprevisti, non vi è più ragione perché non la debba ricevere). E questo potrà a questo punto avvenire in Aprile o subito dopo lo svolgimento delle elezioni in Kerala.
Tutto il resto che raccontano oggi i politici italiani, o i cosiddetti esperti che li hanno fiancheggiati in questa vicenda, o quanto si legge sulla stampa italiana è ormai solo fumo negli occhi con cui si provano a coprire i clamorosi errori che si sono fatti per quattro lunghi anni.
E la consapevolezza storica di quanto avvenuto continua a latitatre alla grande come hanno dato ad intendere anche le ultime dichiarazioni della prof.ssa Del Vecchio.

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