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(Bertrand Russell)

08/02/16

IL SEQUESTRO DEI FUCILIERI DI MARINA LATORRE E GIRONE - I MARO' SONO OSTAGGI POLITICI – SI', MA DI CHI? __ di Stefano Tronconi






8 Febbraio 2016
Stefano Tronconi


Questa volta è stato un faccendiere ex-consulente di Finmeccanica, tale CJ Michel, a definire i due fucilieri di marina 'ostaggi politici'.
Ne hanno parlato prima 'The Telegraph' in India e poi 'Il Fatto Quotidiano' in Italia portando alla luce una lettera inviata il 23 Dicembre scorso dallo stesso Michel al Tribunale del Mare ed alla Corte Permanente di Arbitrato.
L'uso del termine 'ostaggi' non è certo nuovo in questa tragica vicenda che si appresta a tagliare il suo quarto anniversario. In passato l'ho più volte usato anch'io.
Nel commento di questa settimana ho scelto di approfondire e provare a chiarire in che termini sia corretto utilizzare il termine 'ostaggi' per definire la situazione dei nostri due soldati.
Come noto a molti, Girone e Latorre non c'entrano nulla con la morte dei due pescatori indiani.
Tutti gli indizi portano a ritenere che quei pescatori rimasero uccisi in occasione di un conflitto a fuoco intercorso tra un barchino pirata e la nave greca Olympic Flair.
Tuttavia quello che successe il 15 Febbraio 2012 fu per due politici indiani del Kerala appartenenti al Partito del Congresso di Sonia Gandhi una sorta di manna caduta dal cielo.
Oommen Chandy ed AK Antony (questi i nomi dei due politici), nell'impossibilità di mettere le mani sull'equipaggio della nave greca o sugli occupanti del barchino pirata, capirono subito che la superficialità ed il pressapochismo dimostrato dalla Lexie con il rientro nel porto di Kochi poteva trasformarsi per loro politicamente in una miniera d'ora e decisero di trarre ogni vantaggio possibile dalla situazione.
In primo luogo, e nel senso più letterale del termine, furono dunque Chandy ed Antony a prendere come ostaggi Girone e Latorre quando, quattro anni fa, decisero di 'incastrarli' per un crimine mai commesso.
Chandy aveva bisogno di prenderli in ostaggio per darli in pasto come colpevoli all'opinione pubblica del Kerala in modo da poter così trionfare in un'imminente elezione del Marzo 2012 cruciale per rimanere a capo del governo del Kerala.
Antony lo fece per aiutare l'alleato Chandy e per beneficiarne a sua volta in prospettiva di una possibile nomina a candidato capo del governo per il Partito del Congresso, nomina per cui è stato a lungo in competizione a cavallo tra 2012 e 2013, e poi fino alle elezioni generali indiane del 2014, tra gli altri con Rahul Gandhi, figlio di Sonia.
In secondo luogo si può dire che Girone e Latorre divennero ostaggi (in questo caso figurativamente) di Sonia e Rahul Gandhi in conseguenza delle origini italiane della famiglia alla guida del Partito del Congresso.
Chandy ed Antony, pur facendo anche loro parte del Partito del Congresso, potevano contare sul fatto di poter dettare la loro linea sulla vicenda Marò all'interno del partito.
Agli occhi dell'opinione pubblica indiana infatti la famiglia Gandhi era già troppo compromessa da una vicenda di corruzione e favori legata in qualche modo all'Italia (si tratta dello scandalo Bofors-Quattrocchi, quest'ultimo un faccendiere italiano amico della famiglia Gandhi).
Se già alla famiglia Gandhi veniva attribuita la responsabilità della fuga all'estero del faccendiere-corruttore italiano Ottavio Quattrocchi (morto nel 2013), mai Sonia e Rahul avrebbero potuto esporsi a favore dei Marò italiani.
Si può quindi ben dire che, per quanto riguarda il versante indiano, Girone e Latorre siano stati per quattro anni ostaggi politici delle dinamiche politiche interne al Partito del Congresso.
Ora tuttavia, con un ribaltamento di prospettiva, il faccendiere Michel suggerisce nella sua lettera che Girone e Latorre sarebbero in realtà ostaggi del premier indiano Narendra Modi, divenuto Primo Ministro indiano nel 2014 a seguito della vittoria nelle elezioni politiche.
Quanto può essere credibile questo Michel? Ben poco, a mio parere.
Certo, si può bene immaginare come la sgangherata gestione della vicenda da parte italiana abbia potuto irritare un Primo Ministro come Modi eletto sulla base di una piattaforma 'nazionalistica'.
L'elezione di Modi due anni fa avrebbe potuto/dovuto essere la chiave di volta per la rapida soluzione della vicenda. Questo se l'Italia non avesse continuato a cercare di nascondere la verità sull'innocenza per scegliere alla fine esclusivamente la strada dello scontro sulla titolarità della giurisdizione (per evitare di mettere i 'panni sporchi' italiani in piazza) con l'esclusivo risultato di allungare tutti i tempi ed evitare che la verità emergesse.
Se l'Italia avesse fatto emergere l'innocenza di Girone e Latorre, il politico Modi ed il suo partito ne avrebbero solo beneficiato perché lo scandalo avrebbe colpito gli avversari del partito del Congresso.
Messa invece sull'esclusivo binario della titolarità della giurisdizione, il premier nazionalista Modi non ha potuto che ergersi a difensore di quelle che, da un punto di vista teorico, sono buone ragioni giuridiche dell'India.
In realtà il Primo Ministro Modi, pur obbligato a difendere le ragioni indiane, non ha mai tratto nessun vantaggio dalla presunta colpevolezza dei Marò. Piuttosto, a fronte dell'inconsistenza italiana e dello stato di avanzamento della vicenda, ha sempre ritenuto opportuno lavarsene le mani lasciando che fosse la magistratura indiana a provare a sbrogliare la matassa come ha sempre dimostrato il fatto che il governo indiano non ha mai preso negli ultimi due anni alcuna chiara posizione nelle varie udienze tenute davanti alla Corte Suprema.
L'ipotesi del faccendiere Michel che i Marò siano oggi divenuti ostaggi di Modi sembra quindi quanto mai ardita.
Ben più probabile invece che Michel, vista la sua vicinanza ed i suoi contatti con le gerarchie del Partito del Congresso, su Modi abbia cercato di gettare fango e voluto esercitare un ricatto in vista delle ormai prossime elezioni in Kerala con l'intento di ritardare ancora di qualche mese l'inevitabile rientro in Italia di Salvatore Girone a tutto vantaggio delle credenziali elettorali che, attraverso l'inganno e la menzogna, il Partito del Congresso si è guadagnato nella vicenda.
L'invito è quindi a non fare confusione.
Nella vicenda vi sono vittime, carnefici ed, eventualmente, ignavi.
Il primo ministro Modi per quanto riguarda la vicenda Marò potrà essere incluso tra questi ultimi, ma includerlo tra i 'carnefici' serve solo ad intorbidire le acque.
Certo, i Marò in India sono da quattro anni ostaggi politici.
Sono stati 'presi' come ostaggi dal gruppo dirigente del Partito del Congresso del Kerala (Chandy ed Antony) .
Sono stati 'subiti' come ostaggi dal gruppo dirigente nazionale del Partito del Congresso indiano (la famiglia Gandhi).
Ma soprattutto sono stati 'resi' ostaggi dalla scelta delle istituzioni italiane di tenere nascosta la loro innocenza.
E' stato il silenzio sulla loro innocenza che ha reso l'Italia il principale complice di quei politici indiani corrotti che li hanno 'presi' come ostaggi.
Ed è stato il silenzio italiano sulla loro innocenza che ha messo fuori gioco i politici indiani che avrebbero potuto aiutare a risolvere la vicenda Marò.
Tutto il resto, inclusa l'ultima lettera di Michel, è stato sempre e solo rumore di fondo che ha reso difficile capire e gestire una vicenda complessa oggi avviata a parziale soluzione attraverso percorsi tutt'altro che trasparenti.
Una vicenda che si è dimostrata completamente al di fuori delle capacità di analisi del giornalismo italiano che ben poco è riuscito a capire del significato della lettera di Michel.
E una vicenda che soprattutto si è dimostrata ben al di sopra delle capacità operative di ben tre governi che si sono succeduti.
Che gli italiani in politica estera siano brillanti e capaci riescono a farlo credere ancora a molti solo in Italia.

fonte: https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79?fref=ts

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