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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

05/01/16

Decapitazioni saudite, ignoranza occidentale


 


Chissà per quale arcano presentimento, qualche giorno fa ho pubblicato un articolo nel quale mi sono interrogato sulle supposte differenze tra l’Arabia Saudita e lo Stato islamico. Le 47 decapitazioni effettuate contemporaneamente in dodici città saudite il 1° gennaio, immancabilmente hanno dato conferma a quanto drammaticamente stressato nell’articolo.
Non esiste, infatti, grande differenza tra i due Stati, se non per il tipo di confessione religiosa professata. Sunniti di scuola Hanbalita, ortodossi e conservatori, i Sauditi si considerano i protettori della sacra terra islamica, mentre lo Stato Islamico del Levante (DAËCH) è un Movimento sunnita “salafita” (da Salaf = i pii antenati cui si deve tendere) che si prefigge di attuare la Sharia in tutte le comunità islamiche, unificando la guida dei paesi di fede islamica in un’unica realtà teocratica Califfale attraverso la quale imporre la sottomissione all’Islam del mondo intero. In particolare, per entrambi l’Ordinamento giuridico di riferimento è la Sharia.
Anzi, per le decapitazioni pubbliche effettuate in Arabia Saudita, oggi mi sento in dovere di aggiungere che per, l’Arabia Saudita, l’articolo 1 della Legge Fondamentale dello Stato stabilisce che il “Libro di Dio (Corano) e la Sunna del Suo Profeta” rappresentano la Costituzione del paese, che l’arabo è la lingua ufficiale e la capitale è Riyadh.” Mentre l’articolo 8 proclama che: “Giustizia, consultazioni e uguaglianza” devono essere conformi alla Sharia”.
Si tratta, lo sottolineo, di una Monarchia, quella della famiglia Al Saud, che dal 1927 è stata chiamata a far parte a pieno titolo dell’allora Società delle Nazioni. In ambito Nazioni Unite, udite udite, il proprio rappresentante, ambasciatore Hassan Thad, è stato chiamato (settembre 2015!) a presiedere la Commissione che dovrà nominare “gli esperti” del Consiglio Onu dei Diritti Umani. Coloro che saranno responsabili del controllo della piena attuazione della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1948. Per inciso, l’Arabia Saudita è dal 2008 che ha sempre cercato di rimandare la visita di tali esperti, ponendo in essere quei dogmi religiosi, tipo le imposizioni giuridiche imposte dal Corano, che sono propri del mondo islamico. Un mondo, cui tra l’altro appartiene anche l’Iran, che nel settembre 1981 presso l’Unesco a Parigi, proclamò La Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo, a difesa delle “esigenze religiose e culturalidei paesi islamici, in quanto, secondo quanto scritto nella stessa versione islamica, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 rappresentava “una interpretazione laica della tradizione giudaico-cristiana” che non avrebbe potuto essere attuata dai musulmani senza violare la legge Coranica.
Assistendo ora all’avvento del rappresentante A.S. a tale importante incarico, è lecito pensare che le aperture fatte dal Presidente Barack Obama al mondo arabo, nel suo fatidico discorso del Cairo del febbraio 2009, volgono anche alla piena ufficializzazione del riconoscimento della cultura teocratica che il mondo islamico continua a tutt’oggi a professare.
E che dire dell’infantile scalpore e sdegno riscontrato ieri nella maggior parte dei quotidiani nazionali, tra cui anche Lettera 43 che intitolava: “Arabia Saudita dove la pena di morte è anche un fatto religioso”?
Sembra quasi che chi abbia scritto quell’articolo non fosse a conoscenza di quanto sancito dall’articolo uno della Legge fondamentale dell’A.S.. Conoscendo la levatura culturale dell’ambasciatore Sanguini e i tre anni da lui trascorsi a Riad, la mia critica volge invece a evidenziare bensì la incontrastata, ma sommessa e silenziosa, accettazione della realtà teocratica che viene portata avanti in particolare in Arabia Saudita e in Iran. L’Occidente, con a capo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, stanno dunque dando pieno sostegno a livello internazionale all’Ortodossia islamica.
Quanto avvenuto e continua a essere giornalmente messo in pratica in Medio Oriente, non è altro che la constatazione che l’Occidente (Stati Uniti in testa, ma anche la nostra diplomazia!) considera l’ortodossia islamica quale unico e valido interlocutore cui riferirsi per il riassetto del Nuovo Ordine Mondiale. L’Iraq di Saddam, l’Afghanistan del Mullah Omar, la Libia di Gheddafi, la Siria di Assad (unica eccezione che resiste e speriamo che si salvi!), così come il concorso e/o il quasi aperto supporto alle forze islamiste rivoluzionarie (Egitto e Tunisia) o di opposizione (Libia e Siria), non sono altro che manifeste conferme a questo perverso occulto gioco perpetrato dall’Ortodossia sunnita. Non di meno e forze in maniera ancor più occulta è la predilezione degli Usa, quindi dell’Occidente, per l’amica, sorella di patto energetico, ortodossia saudita. La guerra in Yemen e in Siria, sono oggi da considerare come guerre di religione tra sunniti e sciiti.
Ecco quindi che si viene ancor meglio a concretare l’ipotesi di un intervento saudita a conferma della sibillina richiesta fatta dal Presidente Barack Obama, il 15 dicembre scorso, ai paesi di credo sunnita per un più concreto intervento nella lotta al terrorismo islamico. L’Arabia Saudita con queste decapitazioni, molte delle quali eseguite dopo più di dodici anni di sospensione, non ha voluto altro che stimolare le altre 33 nazioni sunnite della Coalizione Sunnita.
E se tra i “decapitati” c’era anche un influente religioso sciita, lo sceicco Nimr al-Nimr, molto apprezzato nel sud est del paese da quel 25 per cento di sauditi sciiti, questo forse è il segnale più importante che vede traslare il campo del confronto da quello ideologico/sociale (Occidente-Islam) a quello teologico propriamente detto.
Se è così, l’Occidente dovrebbe riflettere sul fatto che il mondo islamico oltre all’ortodossia contempla anche una forza “modernista” (che fortunatamente diventa di giorno in giorno sempre più presente!), mentre il mondo teologico Cristiano farebbe bene a incominciare a chiedersi quanto realmente potrebbe essere utile, ai fini di una maggiore fratellanza tra i popoli, incominciare a coinvolgere i paritetici teologi islamici su come la Chiesa, sin dagli albori dell’umanesimo post medievale, abbia incominciato a concepire un potere temporale ben diviso, diverso e separato da quello spirituale, cui per contro il mondo islamico tiene ancora tanto oggi.

di Fabio Ghia -05 gennaio 2016

fonte: http://www.opinione.it

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