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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

14/02/15

Uccise carabiniere, torna libero ed è arrestato per rapina. La vedova: “La legge sta con Caino”

fedeli (7) 


Giovanni Misso, pluripregiudicato genovese, era a capo di una banda che rapinava portavalori: condannato all’ergastolo per la morte del brigadiere Volpi nel 1979, era uscito per buona condotta.
“Nessuno degli assassini di mio marito ha effettivamente scontato l’ergastolo. La legge sta dalla parte di Caino. Per le vittime nessun politico ha mai fatto scioperi della fame, per i criminali sì”. Amarezza, rassegnazione e sarcasmo: sono i sentimenti che agitano l’anima ferita di Bruna Scantamburlo, 64 anni, vedova del brigadiere dei carabinieri Ruggero Volpi, ucciso nel 1979 durante il trasferimento di un detenuto a Genova. All’epoca la figlia aveva solo tre anni. A freddare il militare fu un commando di quattro uomini, fra i quali il 61enne pluripregiudicato genovese Giovanni Misso. Nonostante l’ergastolo, Misso era tornato in libertà grazie alla buona condotta. Ed è stato di nuovo arrestato, dai carabinieri di Monza, in quanto a capo dell’organizzazione criminale che rapinava portavalori.
“Mi sarei stupita se fosse rimasto in galera, ci prendono in giro. Avevo 29 anni quando la mia vita si è fermata. Durante il processo per la morte di Ruggiero, mi sono avvicinata alla gabbia e ho chiesto: perché?. Hanno solo saputo insultarmi, guardandomi dritta negli occhi”. La voce stanca, la mano che ogni giorno tocca un cuscino freddo, il ricordo della radio accesa la mattina presto per ascoltare canzoni insieme al marito. Da oltre trent’anni, racconta Bruna Scantamburlo, quella radio è spenta.
“Mia figlia ha dovuto combattere per accettare l’assassinio di suo padre. Io sono rimasta in piedi per lei, ma non ho dimenticato questa gente con il crimine nel sangue”.
Una vita col dolore nel cuore e problemi di salute alla schiena, ma Bruna non è ha mai ottenuto un risarcimento. “Non ho mai chiesto nulla, mi aspettavo che lo Stato per cui mio marito è morto aiutasse almeno mia figlia. Ci uccidono anche moralmente, perché ai nostri politici non frega nulla delle vittime. Mio marito mi diceva sempre che era meglio un brutto processo di un bel funerale ed è finita al contrario. A quelli che fanno il suo mestiere suggerirei di pensare a portare a casa lo stipendio e girarsi dall’altra parte, ma tanto so che non lo farebbero mai”.
Nei pensieri della vedova il tricolore è sbiadito, perché lei non ci crede più. “La certezza della pena in questo paese è come un optional di lusso per le auto. Farebbero prima ad eliminare le carceri, tanto questa gente uscirà di nuovo”. Bruna è rimasta delusa anche dalla Chiesa. “Una volta è venuto a trovarmi un sacerdote, che però prima era stato in carcere dai killer di mio marito. Mi ha chiesto di pregare per loro. Gli ho risposto di farlo lui, che aveva scelto distintamente da chi andare per primo”.

Fonte Repubblica

Roma, 12 febbraio 2015

tramite: http://www.sostenitori.info

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