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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

12/02/15

La delusione di agenti e carabinieri



 «Cambiare le norme, ma in senso restrittivo: altrimenti il segnale è negativo»



PADOVA.  Sbeffeggiati, derisi, umiliati da una criminalità sempre più beffarda e spavalda. Non solo il criminale professionista – «Quello ha in fondo un codice d’onore: rispetta la divisa, riconosce che davanti trova un avversario» raccontano gli inquirenti dai capelli grigi – ma soprattutto i giovani pusher, le bande di ragazzini, i predoni di pochi spiccioli. «Quelli proprio non ti badano: tanto fa loro spararti in pancia come sputarti addosso» dicono poliziotti e carabinieri. Lo sconforto, insomma, si unisce e mescola alla rabbia di un’impotenza profonda e senza risposta».
Mirco Pesavento è il segretario del Sindacato autonomo di Polizia di Padova: «C’è uno svilimento del ruolo delle forze dell’ordine molto profondo e pericoloso – spiega –: siamo delegittimati nel nostro lavoro di prevenzione e repressione dei reati, perché ci troviamo molto spesso con gli autori dei delitti rilasciati ancor prima di completare le procedure di fermo o di arresto. E questo è inaccettabile». Secondo Pesavento le ragioni risiedono soprattutto nell’atteggiamento permissivo dei magistrati che convalidano l’arresto ma nove volte su dieci ne dispongono la scarcerazione immediata: «Sanno che le nostre carceri, purtroppo, sono sovraffollate e probabilmente non vogliono peggiorare la situazione – aggiunge Pesavento – ma certamente questo provoca delle conseguenze negative sul nostro agire». Qualche mese fa, racconta il segretario del Sap, due colleghi delle Volanti sono stati picchiati da un tunisino andato in escandescenze: «Uno dei due colleghi, nella collutazione, ha subito la frattura del polso: il tunisino è stato processato per direttissima, condannato, e rilasciato. Il collega ha avuto venti giorni di prognosi. Ma si può?»
Non meno sconfortato è Gianni Pitzianti, padovano e segretario nazionale del Cocer, il sindacato militare dei carabinieri: «Noi ce la mettiamo tutta a fermare gli autori di reati ma è davvero difficile quando vediamo poi cosa succede davanti ai magistrati. Capisco anche loro, per carità: c’è un’evidente falla nel sistema normativo che, per una larga serie di reati cosiddetti minori, non dispone la carcerazione obbligatoria. Ma dobbiamo essere coscienti che questo provoca due effetti negativi: sull’opinione pubblica, che percepisce una diminuzione del senso di giustizia; e sulle forze dell’ordine, che rischiano di vedere vanificati il loro impegno nella repressione del crimine». Entrambi i rappresentanti delle forze dell’ordine auspicano una revisione del sistema normativo, ma in senso restrittivo. 

fonte: http://mattinopadova.gelocal.it - 11 febbraio 2015

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