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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

16/08/14

Ucraina, guerra tra chi spara più balle

 

 

Kiev avrebbe colpito blindati russi in Ucraina, Mosca dice che sono matti, gli Usa non li vedono e nicchiano

Chi attacca, chi invade, chi soccorre, chi avanza, chi arretra, chi vince e chi perde: tra Stati Uniti Mosca e Kiev la guerra di propaganda degrada al contar balle, senza neppure preoccuparsi di renderle credibili. Chi prima e più grossa la spara (la frottola), non lascia scampo alla smentita.
La notizia che si gonfia per ‘fame’ di notizie. ‘Tank russi vicino al confine con l’Ucraina’, lancio Ansa del 16 agosto, 10 e17. Quindi, blindati russi vicino al confine, ma a casa loro, legittimati a farlo. Ma per gli Stati Uniti quell’aumento dell’attività russa sarebbe voluta malvagiamente da Mosca per destabilizzare l’Ucraina in queste ultime settimane, operazione “estremamente pericolosa e provocatoria”. Washington la spara grossa con l’accusa di ‘provocazione’ ma resta ai fatti che le raccontano i satelliti che fotografano anche le formiche sui confini orientali ucraini con la Russia.

Russian armored vehicles move along a road outside the town of Kamensk-Shakhtinsky
Russian armored vehicles move along a road outside the town of Kamensk-Shakhtinsky

Ma nella guerra di accuse tra Kiev e Mosca, questa volta vince l’ucraino Poroshenko secondo cui, nella notte sarebbe una non meglio precisata colonna di mezzi militari russi avrebbe sconfinato. Ma non solo: alcuni di quei blindati sarebbero stati ‘distrutti’ dall’artiglieria ucraina. Praticamente una invasione, se mai dimostrata. Pronti dar retta a Poroshenko, a Londra convocano al Foreign Office l’ambasciatore russo che nega e dice soltanto che (gli ucraini) sono matti. Più prudenti Hollande e il vice Usa Biden che ammoniscono Mosca contro ogni eventuale ‘violazione della sovranità’ di Kiev.

Prudente il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale di Obama, secondo cui ‘La Russia non ha alcun diritto di inviare in Ucraina veicoli, persone o materiale di qualunque tipo, con qualsiasi pretesto, senza avere l’autorizzazione del governo ucraino”. Insomma, siamo tornati alla colonna di aiuti umanitari russi su cui si litiga da giorni. L’accusa di Washington resta pesante: “Fermare i bombardamenti dell’artiglieria russa in Ucraina, fermare le consegne di armi, il suo sostegno ai separatisti e il loro finanziamento”. Tornano presunti cannoneggiamenti dalla Russia mai provati.

Gli Usa non sono in grado di confermare o smentire se le truppe dell’Ucraina hanno effettivamente colpito un convoglio russo sul territorio ucraino, e stanno raccogliendo informazioni. Ma funziona la cosiddetta teoria di Pinocchio, “Chi prima la spara (la frottola), ammazza la smentita”. Mosca: ‘O l’artiglieria ucraina spara a dei fantasmi o tenta di colpire la missione d’aiuti umanitari’. Il convoglio di camion che attende al confine con la provincia di Donetsk il via libera l’ispezione delle guardie di frontiera. Gioco sporco su troppi fronti mentre l’Onu denuncia gli oltre 1100 morti in Ucraina.

Air defense missile and weapons system on a road
Air defense missile and weapons system on a road

Intanto il nuovo premier dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko, ha annunciato che sarebbero in arrivo rinforzi per i miliziani filorussi che stanno subendo l’attacco dell’esercito di Kiev: 150 mezzi blindati, tra cui ben 30 carri armati, e 1.200 uomini addestrati per quattro mesi in Russia. Quasi a dare conferma all’accusa lanciata ieri da Kiev sullo sconfinamento da parte di Mosca di una colonna militare in Ucraina. A parere i analisti terzi non in gioco nella partita delle propaganda, si tratterebbe, anche in questo caso, di un pezzettino di verità utile e gonfiata.

16 agosto 2014

fonte: http://www.remocontro.it/

“Ecco il nostro sangue”. La Polizia protesta





divisa polizia volanti

 

 

In piazza contro i tagli del governo: «Non ai politici, lo doniamo ai cittadini»

Roma, 14 agosto 2014 – Poliziotti, penitenziari, forestali e vigili del fuoco sono davvero arrabbiati. Per non dire peggio. Il governo continua a chiedere loro il sangue, con nuovi tagli pari a un miliardo e mezzo di euro per via della conferma del turnover al 55%: un solo poliziotto assunto ogni due pensionati. Per questo, il fronte dei sindacati autonomi riuniti nella Consulta Sicurezza, l’organizzazione più grande di tutto il comparto con circa 43.000 iscritti, scenderà in piazza il 27 agosto a Roma per un’iniziativa clamorosa e inconsueta: «Centinaia e centinaia di poliziotti, penitenziari, forestali e vigili del fuoco si ritroveranno in piazza del Popolo, assieme a un’autoemoteca che effettuerà prelievi di sangue», spiegano i segretari generali Gianni Tonelli (Sap), Donato Capece (Sappe), Marco Moroni (Sapaf) e Antonio Brizzi (Conapo). A sostegno dell’iniziativa anche l’Advps, l’Associazione Donatori e Volontari Personale Polizia, la Fondazione Franco Sensi con la presidentessa Rosella Sensi e il comico Enzo Salvi in qualità di testimonial. Presente pure la banda musicale dell’Anpee, l’Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria.
«Ci state togliendo il sangue, allora noi preferiamo donarlo ai cittadini», questo lo slogan della manifestazione alla quale si affiancherà un presidio nazionale a Montecitorio fino al 10 settembre. L’annuncio della manifestazione ha scatenato la reazione del responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano, che ha rivendicato la sua sensibilità nei confronti del comparto sicurezza, ricordando come l’attuale governo abbia investito nel 2014 500 milioni di euro per le forze di polizia, a fronte di 4 miliardi di tagli avvenuti dal 2008 al 2014. Cifre che i sindacati autonomi contestano: «Noi come Sap – spiega il segretario generale Gianni Tonelli – siamo scesi in piazza con governi e maggioranze di tutti i colori politici, proprio perché non abbiamo padroni e non facciamo riferimento a sigle confederali contigue a questo o quel partito. Fiano tenta di deresponsabilizzarsi quando ricorda i tagli dei precedenti esecutivi, ma dovrebbe anche aggiungere che l’attuale governo, nel confermare il turn over al 55%, ha operato un taglio di circa un miliardo e mezzo al comparto sicurezza.
  E altri tagli avverranno nei prossimi anni». Prosegue Tonelli: «Siamo compiaciuti di apprendere per tramite di un’agenzia che l’onorevole Fiano ha attenzione, nella sua qualità di responsabile della sicurezza Pd, verso gli uomini in divisa. Peccato che, nonostante il Sap abbia tentato a più riprese di entrare in contatto con lui per confrontarsi, si sia visto sbattere ogni volta la porta in faccia. C’è poco da stare sereni».
Sap, Sappe, Sapaf e Conapo snocciolano i punti delle loro rivendicazioni: «Contratto fermo da 5 anni; tetto stipendiale imposto da 4 anni nonostante le promesse, anche recenti, dei ministri Alfano e Pinotti; mancato riordino delle carriere che sarebbe necessario per rendere più efficiente tutto il sistema; nessun avvio della previdenza complementare che trasformerà i poliziotti pensionati di domani nei nuovi poveri».
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«La cosa più grave di tutte – conclude Tonelli – è la mancata riforma dell’apparato della sicurezza o, meglio, la falsa riforma che si vuol far passare in nome della spending review. Solo per quel riguarda la Polizia di Stato, il progetto di chiusura di 267 uffici di polizia ritornerà sul tavolo. Problemi analoghi anche per la Polizia Penitenziaria, il Corpo Forestale e i Vigili del Fuoco. Questa falsa riforma non farà che peggiorare la sicurezza dei cittadini. L’unica operazione da mettere in campo è la riduzione e l’unificazione delle Forze di Polizia. Si otterrebbero risparmi ed efficienza, potremmo dare più sicurezza ai cittadini eliminando gli sprechi, si porterebbe un po’ di respiro alle retribuzioni dei poliziotti che ormai sono da fame».

di Luca Caso
fonte: il Tempo - 14 agosto 2014




I DUE MARO’ ITALIANI SONO INNOCENTI: ECCO CHI SONO I COLPEVOLI






Come al solito: usati e abbandonati dallo Stato tricolore. Prigionieri in India e sotto processo dovrebbero essere in punta di diritto nazionale e  internazionale non i fucilieri della marina militare italiana Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, bensì l’attuale capo abusivo dello Stato, tale Giorgio Napolitano, il piduista Silvio Berlusconi, e gli ex ministri La Russa, Frattini, Alfano, Maroni, Tremonti, Palma, nonché la Camera dei deputati e il Senato della XVI legislatura. Inoltre, dovrebbero essere appurate le responsabilità degli ammiragli di squadra Giuseppe De Giorgi e Luigi Binelli Mantelli, nonché dell'ex capo dell'Aise, Bruno Branciforte. Perché?

C’è una legge orrenda che coniuga tutti i difetti del «patriottismo» di bassa lega con quelli della galoppante tendenza alla militarizzazione della sicurezza. Il riferimento è al decreto-legge numero 107 del 12 luglio 2011 (promulgato da Napolitano e controfirmato da Berlusconi & soci), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, numero 130 - approvata dalla Camera dei deputati e dal Senato - il cui articolo 5 istituisce per l'appunto i nuclei militari di protezione. In sostanza, tale normativa prevede di imbarcare militari italiani su navi mercantili private per assicurarne la difesa contro eventuali attacchi dei pirati o simili; tale normativa si configura come una palese violazione dei principi costituzionali e delle funzioni costituzionalmente previste per le forze armate, il cui compito, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 52 della Costituzione, è solo quello della difesa della patria. Chissà quanti anni impiegherà la corte costituzionale per dichiararne l’evidente incostituzionalità.
In ogni caso la predetta esigenza va soddisfatta mediante l'impiego di personale specializzato come aveva stabilito un decreto regio del 1940, e non già coinvolgendo le forze armate nazionali; la predetta norma, inoltre, è tendenzialmente farraginosa e poco comprensibile nella sua utilità confondendo la natura pubblicistica con quella privatista del servizio. Infatti, parecchio a posteriori, dopo lo scandalo a livello mondiale, con il decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre 2012, numero 266, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale al numero 75 del 29 marzo 2013, si è cercato di regolamentare le modalità attuative dell'articolo 5, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, numero107, solo dopo un anno dall'accaduto in cui risultano coinvolti i due marò.

Eppure le leggi italiane del passato e le disposizioni dell'International Maritime Organisation parlano chiaro: a bordo di navi civili i servizi di vigilanza privata, sono disciplinati dagli articoli 133 e seguenti del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni, e dagli articoli 249 e seguenti del relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 6 maggio 1940, numero 635, e successive modificazioni, possono essere svolti con l'impiego di particolari guardie giurate armate, a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a
rischio di pirateria.



A suo tempo, forse in preda al delirio, il ministro Severino aveva spiegato addirittura, che la vicenda si inquadra nella missione diplomatica-militare europea anti-pirateria "Atalanta" volta a fronteggiare i frequenti attacchi alle imbarcazioni mercantili e turistiche lungo le maggiori direttrici di traffico marino dell'oceano Indiano, pertanto disciplinata dalle norme a tal uopo previste dall'ordinamento internazionale, mentre l’allora presidente del Consiglio dei ministri, tale Monti imposto da Napolitano, affondando nel ridicolo, aveva ribadito la ferma intenzione del Governo di rivendicare un trattamento per i due cittadini italiani che rifletta pienamente il loro status giuridico, evitando di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria, mettendone a repentaglio la riuscita e le finalità.
Perché il servizio di scorta era affidato a sei marò della Marina militare italiana, invece che alle solite guardie giurate , o - nei casi estremi - ai soliti mercenari messi a disposizione da migliaia di ditte specializzate nel mondo?
Le autorità di New Delhi hanno denunciato che il 15 febbraio 2012 i marò italiani del reggimento San Marco, di scorta al mercantile Enrica Lexie, avrebbero ucciso per errore due pescatori indiani - Ajesh Pinky e Selestian Valentine - scambiati per pirati. Così il 19 febbraio 2012 i due militari italiani del Reggimento San Marco, forza di protezione anfibia delle Forze armate Italiane, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone imbarcati in servizio di protezione anti-pirateria, sulla petroliera Enrica Lexie, venivano fermati e poi arrestati con l'accusa di omicidio di due marinai del peschereccio indiano St. Anthony. Attualmente i due fucilieri rimangono costretti ad una permanenza forzata in balia della giustizia straniera e subendo rinvii del processo (il prossimo al 14 ottobre 2014) ormai non più accettabili e che hanno concretamente solo peggiorato la loro situazione.
Secondo gli atti della suprema corte dell’India, basati sui dati recuperati dal Gps della petroliera italiana e le immagini satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai - l'incidente si è verificato a 20, 5 miglia dalla costa del Kerala. Le dinamiche dell'accaduto e l'interpretazione dei fatti data fin dall'inizio dalle autorità indiane appaiono quantomeno discutibili ed evidenziano numerosi dubbi, lacune, ed incongruenze logiche. La cosiddetta difesa processuale dei due marò accusati dalla giustizia indiana di avere ucciso due pescatori al largo delle coste del Kerala, sparandogli dei colpi d'arma da fuoco da bordo del mercantile Lexie, sarebbe finora costata all'erario della Repubblica non meno di 5 milioni di dollari, corrispondenti a 3,6 milioni di euro. Non occorrono scienziati del foro per accertare che il tragico episodio è avvenuto in acque internazionali e pertanto, in base appunto al diritto internazionale, è applicabile la giurisdizione nazionale dello Stato di bandiera. Infatti, la giurisdizione penale nelle acque internazionali, tra le quali rientra la zona economica esclusiva (Zee), è di competenza dello Stato di bandiera, in quanto non formano oggetto di diritto di sovranità territoriale assoluta dello Stato costiero; pertanto, gli altri Stati continuano a godere della libertà di navigazione. Lo Stato costiero, invece, è competente ad esercitare la giurisdizione penale su una nave mercantile straniera in transito in acque territoriali nei casi indicati nell'articolo 19 della Convenzione di Ginevra e nell'articolo 27 della Convenzione di Montego Bay. Lo status giuridico delle navi mercantili non cambia per la presenza di militari armati a bordo.
Chi ha strumentalizzato le forze armate per fini di bassa politica? Per quale ragione legale ben tre governi (Monti, Letta & Renzi) sia pure imposti dal capo del quirinale ma non espressione del voto popolare, non hanno risposto a decine di atti parlamentari (XVI e XVII legislatura) sulla vicenda?

In realtà, cosa c’è sotto? Quali sono i reali rapporti affaristici tra i governi di Italia e India, nonché le attività degli armatori fratelli D’Amato? Qual è la vera posta in gioco? Che sorta di ricatto sta esercitando il governo indiano nei confronti dell'esecutivo Renzi? E’ quello che proverò ad appurare prossimamente con un’inchiesta sul campo. Un fatto è certo: l'Italia non ha più alcun peso diplomatico nel mondo, grazie ad una casta di politicanti telecomandati, impresentabili ed incapaci che il popolo italiano dovrà al più presto archiviare in blocco.
 
di Gianni Lannes 14 agosto 2014
 
 

I DUE MARÒ ITALIANI SACRIFICATI AL POSTO DI NAPOLITANO E BERLUSCONI






di Gianni Lannes

Chi ha realmente ucciso i pescatori indiani Ajesh Pinky e Selestian Valentine, il 15 febbraio 2012? E che fine hanno fatto le loro salme? Dal rapporto dell’ammiraglio Piroli - un documento che assembla le risultanze giudiziarie indiane passato dai servizi segreti nostrani al quotidiano filogovernativo la Repubblica - emerge che i fucili dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non hanno ammazzato i due pescatori del Kerala. Ma allora, come mai, questi due militari sono stati privati della libertà dal 19 febbraio 2012, ad opera di uno Stato straniero pur non essendo ancora stato formulato un capo di imputazione certo? Perché sono stati distrutti in tutta fretta dalle autorità indiane tutti i reperti di prova, come ad esempio il peschereccio St. Antony? http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=MARO%27 Perché non c’è agli atti un autentico rapporto balistico dell’accaduto in acque internazionali? Perché i corpi dei due pescatori non sono stati sottoposti ad autopsia, alla presenza di un consulente di parte italiana? Perché non è stata formata una commissione italo-indiana per la valutazione del grave accaduto? Dopo il crollo dell'impianto accusatorio indiano, perché il governo Renzi non ha dato mandato agli avvocati difensori dei connazionali Girone e Latorre di presentare urgentemente una richiesta di scarcerazione o comunque la fine della restrizione della libertà personale, considerando che questo è quello che farebbe qualsiasi avvocato difensore quando cadono le accuse al proprio assistito? E per quale ragione il capo dello Stato Napolitano (già capo supremo delle forze armate) e gli esecutivi Monti, Letta e Renzi, al di là dei proclami propagandistici, dopo due anni e mezzo non hanno provveduto alla nomina dei consulenti tecnici della difesa che avrebbero dovuto partecipare direttamente all’inchiesta giudiziaria in ogni fase? Perché il governo italiano ha consentito a quello indiano di sequestrare l’ambasciatore italiano a Nuova Delhi? In un servizio giornalistico ANSA del 2 aprile 2013 si apprende che il dottor Carlo Sica, avvocato dello Stato che segue i legali indiani di Latorre e Girone, ha dichiarato che «è necessario un processo rapido ed equo» tenendo presente che «i marò sono bloccati in India solo da una denuncia del proprietario del peschereccio», dopo che la Corte suprema il 18 gennaio ha invalidato quanto fatto dalle autorità dello Stato del Kerala per mancanza di giurisdizione. In un servizio televisivo del 31 marzo 2013 trasmesso da TG La7, realizzato dal giornalista Paolo Argentini, si citava la procura federale indiana che avrebbe definito l'inchiesta fatta in Kerala «incompleta», «falsata» e «illegittima». Ora se l'impianto accusatorio costruito dalle autorità del Kerala è crollato per la stessa dichiarazione della Corte suprema e della procura federale indiane, i connazionali Girone e Latorre, fino alla formulazione di nuove e circostanziate accuse supportate dalle risultanze probatorie di nuovi elementi di indagine, non sono al momento imputati di nulla. Né può bastare la denuncia del proprietario del peschereccio, mister Freddy Bosco, a trattenerli in una condizione di restrizione della libertà personale senza il supporto di nuovi elementi di prova o almeno di nuovi gravi elementi indiziari contro di essi raccolti dagli stessi inquirenti indiani. Non può bastare perché si tratta della sola parola di un privato cittadino che nel corso di questa vicenda ha continuamente rilasciato dichiarazioni pubbliche contraddittorie fra loro, e da notizie apparse sulla stampa indiana, contraddittorie anche con le dichiarazioni rese dalle altre persone presenti sul peschereccio St. Antony al momento dei fatti; poiché per stessa ammissione delle autorità indiane l'inchiesta finora condotta è stata definita incompleta, falsata e illegittima, e che sono ben noti grazie ad analisi fatte in Italia e supportate dai rapporti di organismi internazionali come l'International Maritime Organization, le evidenze di mancate indagini verso altri potenziali colpevoli presenti sulla scena dei fatti, e l'affondamento del peschereccio St. Antony che rappresentava l'unico elemento su cui verificare i più importanti elementi di accusa alla presenza dei consulenti tecnici della difesa come in ogni procedimento giudiziario. Un passo indietro. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone erano sulla petroiliera italiano Enrica Lexie, con il compito di proteggere beni ed equipaggio dall'assalto di pirati in quanto membri di un nucleo militare di protezione della Marina militare. Nel tardo pomeriggio del 15 febbraio 2012, ora locale, l'equipaggio ha creduto di essere sotto attacco, i marò hanno pertanto aperto il fuoco contro un ‘imbarcazione. La professionalità dei militari del San Marco è fuor di dubbio: hanno eseguito direttive e si sono attenuti a regole di ingaggio e procedure standard, viziate a monte da strategie errate giocando sulla ambiguità della nave mercantile in transito pacifico però armata con militari a bordo. Infatti, le direttive, le regole di ingaggio e le misure di contrasto sono state emanate dal Ministero della difesa ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, numero 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, numero 130 . Si tratta di normative palesemente incostituzionali. promulgate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e controfirmate dal primo ministro Silvio Berlusconi, nonché dai ministri la Russa, Frattini, eccetera. Altro che dietrologie, o inutili risse da sinistra a destra. I due soldati italiani hanno eseguito gli ordini e sono due capri espiatori, già dati in pasto al governo indiano, poiché le responsabilità sono ai vertici dello Stato (Napolitano, Berlusconi, La Russa, Frattini, eccetera, nonché il parlamento della xvi legislatura) e ben tre ammiragli, tra l'ex capo dell'Aise. Post scriptum Per la cronaca: attualmente, non è ancora stata realizzata una vera inchiesta giornalistica indipendente sul caso. In compenso c’è un minus habens italidiota che imperversa sul web raffazzonando pure un volume sulla vicenda, che non sa neanche di cosa blatera, non dico che sappia distinguere una petroliera da un mercatile, un fucile mitragliatore da una pistola, un bossolo da un calibro, una rotta nautica da una rilevazione satellitare, una legge nazionale da una convenzione internazionale, e così via. Il paraocchi usato dalla sinistraglia è sempre la solita lente deformante dell’ideologia: se indossi una divisa o prendi le difese di chi veste un’uniforme sei automaticamente un fascista. Però, notoriamente, con me questa solfa stantia non attacca. Mai letto il discorso di Pier Paolo Pasolini sulla polizia sugli scontri a Valle Giulia? Bene, andatevi a documentare. Sull’altro fronte, invece, i facinorosi “neri per caso” hanno offerto il peggio. Su proposta del presidente del consiglio, il 27 dicembre 2013 il Consiglio dei ministri ha prorogato di sei mesi l'incarico di commissario straordinario del Governo, «inviato speciale» presso il governo indiano per la trattazione della vicenda dei due fucilieri appartenenti al reggimento della Marina Militare «Brigata San Marco», conferito a Staffan De Mistura. Complessivamente, a fronte dei nulli risultati positivi, qual è l'impegno di spesa totale assunto dal governo italiano per l'incarico conferito nel cosiddetto «decreto Mille proroghe» all'inviato speciale Staffan De Mistura, e quali sono ad oggi le spese totali di retribuzione e le spese accessorie dello stesso inviato speciale fin dall'inizio del mandato? Che fare? Assediare pacificamente in massa ma ad oltranza l'ambasciata indiana a Roma, per ottenere l'immediata liberazione dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Di Gianni Lannes 15 agosto 2014
Fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/08/i-due-maro-italiani-sacrificati-al.html?spref=fb

11/08/14

MARÒ...LA CONFERMA CHE IL GOVERNO CI PRENDE PER IL C...

Dopo l’ennesimo rinvio al 14 ottobre dell’udienza del tribunale speciale indiano che si occupa (anzi, dovrebbe occuparsi) della vicenda dei fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre ci eravamo posti la domanda retorica se l’India non ci stesse prendendo per il c…. I lettori ci perdoneranno se abbiamo usato un’espressione colorita che però oggi ci tocca ripetere, questa volta senza considerarla un’ipotesi, nei confronti del governo italiano. Dopo mesi in cui di bombardamento mediatico sul “nuovo corso” nella vicenda imposto dall’Italia grazie alla “svolta” operata dal governo con la decisione di affidare la soluzione della crisi a un arbitrato internazionale ora scopriamo che nessun passo è mai stato compiuto realmente in questa direzione. L’esecutivo ci ha fatto credere per mesi che l’Italia aveva finalmente tirato fuori gli attributi (almeno un po’, giusto per fare vedere che ce li abbiamo….) con l’India avviando l’arbitrato, procedura legale che internazionalizza la disputa giuridica portandola fuori della palude del confronto bilaterale tra Roma e Nuova Delhi. Per gestire una partita così complessa Roma ha addirittura assoldato lo studio dell’avvocato britannico Sir Daniel Behtlehem, che si dice abbia messo in campo 3 avvocati affiancati da 5 esperti giuristi italiani. Uno sforzo che ha contribuito, per ora solo in minima parte, alle spese legali per 5 milioni di euro sborsati finora dall’Italia soprattutto per pagare lautamente avvocati indiani che non hanno concluso un granché. Di arbitrato hanno parlato per mesi diversi esponenti del governo italiano ma a quanto pare non sono mai stati compiuti passi ufficiali in tal senso. Lo ha chiarito nei giorni scorsi il sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova (nella foto a sinistra) che in Commissione parlamentare ha dichiarato che la procedura di arbitrato internazionale non è stata ancora formalizzata. Eppure lo stesso Renzi ne aveva parlato più volte in occasione della campagna elettorale europea. Della Vedova ha specificato che nella relazione illustrativa era scritto erroneamente che per la vicenda dei nostri due fucilieri Latorre e Girone era stata avviata la procedura di arbitrato internazionale. In realtà sono solo in corso colloqui con l’India, tra l’altro a senso unico perchè Nuova Delhi neppure risponde agli appelli lanciati da Roma. Insomma, sui marò il governo Renzi ci prende per il c…..da mesi mentre in realtà punta ancora sul dialogo con Nuova Delhi per riportare a casa Latorre e Girone. La conferma l’ha fornita il 7 agosto la ministra Pinotti che si è recata in visita ai due fucilieri. “Speriamo ci possa essere ancora un’interlocuzione (col governo indiano – ndr) altrimenti siamo pronti ad internazionalizzare la vicenda” ha detto la titolare della Difesa. Siamo pronti? Ma cosa state aspettando? Che Latorre e Girone muoiano di vecchiaia o di noia all’ambasciata di Nuova Delhi dove, a quanto pare, stanno provocando persino danni alla residenza dell’ambasciatore stendendo al sole i panni lavati? Circa i colloqui in corso col governo indiano è meglio stendere un velo pietoso: a tre richieste di confronto sulla vicenda giudiziaria formulate dall’attuale governo italiano Nuova Delhi non si è nemmeno degnata di rispondere mentre, secondo fonti ben informate, il nuovo governo del nazionalista indù Narendra Modì starebbe valutando di nuovo di applicare ai due militari italiani la legge antiterrorismo SUA Act, esclusa dalla Corte Suprema la primavera scorsa. Se il governo precedente, guidato dal Partito del Congresso, ci trattava a pesci in faccia non c’è alcun motivo di ritenere che i nazionalisti indù abbiamo maggiore considerazione dell’Italia anche perché la campagna elettorale di Modì è stata improntata ad accusare gli avversari di essere stati dei “mollaccioni” nella crisi con l’Italia proprio nella gestione della vicenda dei marò. Del resto gli indiani si fanno beffe dell’Italia anche sul piano giudiziario, basti pensare che da due anni la Procura di Roma attende che “l’autorità indiana dia corso alle commissioni rogatorie da tempo presentate, e già sollecitate” come ha detto recentemente procuratore capo Giuseppe Pignatone. In pratica non ci hanno neppure inviato i fascicoli con i risultati delle indagini sulla morte dei due pescatori del Kerala. Ciò nonostante nei giorni scorsi Matteo Renzi ha fatto persino gli auguri a Modì definendo quello indiano un “governo amico”. Chiaro no? Mentre prende per i fondelli gli italiani fingendo di mostrare muscoli e determinazione che evidentemente non possiede, il governo assume la consueta italica posizione prona che ha sempre caratterizzato l’atteggiamento di Roma nei confronti dell’India da 900 giorni, tanti quanti ne sono passati dal fermo di Latorre e Girone. Qualcuno dia la sveglia al quartier generale delle giovani marmotte. Strisciare davanti agli indiani, oltre che umiliante, è anche del tutto inutile e potrebbe perfino peggiorare la situazione dei nostri fucilieri di Marina. Il colmo è che l’attuale governo (il terzo consecutivo a non essere stato espresso dagli elettori….sarà un caso) applica sanzioni economiche alla Russia, che non ha mai leso i nostri interessi nè catturato negli ultimi 70 anni nostri soldati, ma considera “amica” l’India che in barba a tutte le leggi detiene da oltre 2 anni e mezzo due militari italiani senza neppure un capo d’accusa. Ma quale Italia, questo è il Pagliaccistan. -——— di GIANANDREA GAIANI 10 Agosto 2014 Fonte: www.analisidifesa.it